Arcivescovo di Lima: creiamo con i popoli una nuova forma di Chiesa per l’Amazzonia
Michele Raviart – Città del Vaticano
“Senza l’Amazzonia non c’è neanche aria per respirare e per questo la sfida del Sinodo è grande, perché solo una nuova ispirazione può aiutarci a uscire da noi stessi e guardare le difficoltà della natura e allo stesso tempo le possibilità che emergono se si guarda oltre un atteggiamento di dominio”. Così mons. Carlos Castillo Mattasoglio, neo arcivescovo metropolita di Lima, che questa mattina è stato ricevuto dal Papa in udienza in Vaticano, ha commentato a Vatican News gli obiettivi per l’imminente Sinodo sull’Amazzonia, che si svolgerà a Roma il prossimo ottobre.
La soggettività sociale dei popoli
Lo scopo del Sinodo è infatti il dialogo e il confronto, per la Chiesa e i per i popoli che vivono nella grande foresta sudamericana. “Il Papa parla di ‘conversare’, di creare una capacità di riflettere insieme su cosa facciamo”, afferma mons. Castillo, in questi giorni a Roma per ricevere il pallio da Francesco durante la Messa per i Santi Pietro e Paolo. “Il Papa”, spiega, “ha un senso molto profondo della soggettività sociale dei popoli semplici e della possibilità che devono avere di dire la loro. E noi come Chiesa dobbiamo avere questa impostazione”
Un problema non misurabile solo dagli esperti
Quello che abbiamo difronte con lo sfruttamento delle risorse dell’Amazzonia, continua l’arcivescovo della capitale peruviana, non è infatti “un problema che risolvono gli esperti – che comunque possono portare elementi misurabili”, ma una situazione che “concepisce molto bene il popolo”. Per questo bisogna parlare e confrontarsi.
Un aiuto dai popoli per una Chiesa che sia luce
“Le piccole popolazioni che sono in tutta l’Amazzonia”, continua ancora mons. Castillo, “hanno molto da dire perché hanno intuito come stanno le cose, dove va il mondo e come fare perché la Chiesa sia luce in questo mondo difficile”. “Già dai racconti attuali delle comunità e dei gruppi della foresta amazzonica si sta lavorando con idee nuove; solo che noi non le perseguiamo, non abbiamo la finezza, l’acutezza del cittadino della foresta”, spiega l’arcivescovo: “Sono legati alle proprie comunità, e culture ma hanno un’immaginazione e una capacità per aiutarci a capire in un altro modo le cose. Per questo credo che sia una grande decisione del Papa organizzare questo sinodo per mettersi d’accordo sulle nuove forme di Chiesa che possiamo avere”.
Rendere un mondo più agevole alla vita umana
“Non si tratta di andare in Amazzonia perché gli amazzonici siano come noi ma dobbiamo andare lì per creare con loro una nuova forma di Chiesa, che incoraggi il loro cammino e ci permetta di convertirci e di “raffreddare” un po’ questo mondo, per renderlo più agevole per la vita dell’essere umano”, conclude il presule. Spero che sia un grande Sinodo e che possiamo imparare tutti da chi vive nella foresta, con tanto amore e anche con tante sofferenze, mentre il nostro mondo civile si “riscalda” troppo per la celebrazione della finanza e degli interessi economici”.
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