Celam: necessario generare spazi di rispetto con i nostri fratelli indigeni
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
È necessario compiere sforzi “per generare spazi di rispetto e dialogo con i nostri fratelli indigeni, salvaguardandone, allo stesso tempo, cultura, tradizioni, lingua e diritti”. È quanto ha affermato mons. Miguel Cabrejos, presidente del Consiglio episcopale latino americano (Celam), in occasione della Giornata internazionale dei popoli indigeni, celebrata ieri e istituita dalle Nazioni Unite nel 1994. Si tratta di una data ancora più significativa, ha ricordato l’arcivescovo di Trujillo e presidente della Conferenza episcopale del Perù, perché si avvicina il Sinodo dell’Amazzonia, in programma ad ottobre in Vaticano.
Interculturalità e responsabilità
“Le popolazioni indigene, specialmente quelle amazzoniche, sono il ponte tra le culture originarie e il mondo di oggi. Camminiamo uniti, ha aggiunto mons. Miguel Cabrejos, in un permanente processo di interculturalità. Rispettiamo e valorizziamo i popoli indigeni”. L’interculturalità si associa ad un altro elemento imprescindibile: quello della responsabilità. Come ha scritto Papa Francesco nel tweet lanciato ieri dall’account @Pontifex, “i popoli indigeni, con la loro varietà di lingue, culture, tradizioni e conoscenze ancestrali ci ricordano che siamo tutti responsabili per la cura del creato che Dio ci ha affidato”.
Popoli indigeni, patrimonio dell’umanità
Il presidente del Celam ha anche sottolineato che la Giornata internazionale dei popoli indigeni viene celebrata il 9 agosto con l’obiettivo di far conoscere tradizioni, valori, lingue e costumi di queste comunità. È questa anche un’occasione per ricordare il contributo che i popoli indigeni “hanno dato al rafforzamento delle culture nazionali”. È stata scelta la data del 9 agosto, ha aggiunto mons. Miguel Cabrejos, per commemorare il giorno in cui si è riunito per la prima volta, nel 1992, il gruppo di lavoro sui popoli indigeni della sottocommissione dell'Onu sulla prevenzione della discriminazione e la protezione delle minoranze.
Un mosaico composito
Quella delle popolazioni indigene ha ricordato l’arcivescovo di Trujillo riferendosi ad alcuni dati delle Nazioni Unite, è una realtà composita: “sono più di 5000 gruppi distinti in circa 90 Paesi” che parlano “la stragrande maggioranza delle stimate 7000 lingue del mondo”. Sono oltre 370 milioni di persone, circa il 5% della popolazione mondiale. Quelle degli indigeni sono tra le popolazioni “più svantaggiate e vulnerabili”: rappresentano il 15% dei più poveri del pianeta.
La regione amazzonica
In Amazzonia vivono 450 le popolazioni indigene. Sono inoltre nove i Paesi che compongono questo immenso territorio: Bolivia, Brasile, Colombia, Ecuador, Guyana, Perù, Suriname, Venezuela e il territorio di oltremare della Guyana francese. L’area abbraccia complessivamente una superficie di circa 7,5 milioni di chilometri quadrati. In questa regione si concentra il 20% dell’acqua dolce non congelata della Terra. I suoi abitanti sono circa 33 milioni, tra cui 2 milioni e 800 mila indigeni.
Una terra sospesa tra minacce ed equilibri precari
Come ricordato da Papa Francesco in occasione del viaggio apostolico in Perù nel 2018 sono profonde le “ferite che porta con sé l’Amazzonia”:
Sinodo per l’Amazzonia
Papa Francesco ha convocato un Sinodo speciale per la regione panamazzonica il 15 ottobre nel 2017. L’obiettivo principale, indicato dal Pontefice, è quello di “trovare nuove vie per l’evangelizzazione di quella porzione del popolo di Dio, in particolare le persone indigene, spesso dimenticate e senza la prospettiva di un futuro sereno, anche a causa della crisi della foresta amazzonica, polmone di fondamentale importanza per il nostro pianeta”. il Sinodo dell’Amazzonia si terrà in Vaticano dal 6 al 27 ottobre prossimi.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui