Giornata mondiale della pace 2020: cammino di speranza
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
«Sarebbe Nostro desiderio che poi, ogni anno, questa celebrazione si ripetesse come augurio e come promessa - all'inizio del calendario che misura e descrive il cammino della vita umana nel tempo - che sia la pace con il suo giusto e benefico equilibrio, a dominare lo svolgimento della storia avvenire.»
E' così che san Paolo VI scrisse nel Messaggio con cui istituiva la Giornata mondiale della Pace, celebrata per la prima volta il primo gennaio del 1968 invitando "alla preghiera ad una voce e ad un Cuor solo, per la pace nel mondo". Oggi, all'inizio del 2020, viviamo la 53° Giornata Mondiale della Pace, la settima del pontificato di Francesco, che nel lungo cammino di questi anni ha rilanciato all'attenzione della cristianità, di volta in volta, vari temi: fraternità, libertà, lotta all'indifferenza, non violenza,migranti, buona politica.
Quest'anno il tema del Messaggio di Papa Francesco è :"La Pace come cammino di speranza: dialogo, riconciliazione e conversione ecologica". Un'ampia riflessione che sprona, senza nascondere ostacoli e difficoltà, ad una conversione spirituale, sociale e politica. La pace è una sfida, un anelito e un bene prezioso, è la promessa fatta da Dio e realizzata nella storia dell'umanità con la venuta di Gesù sulla terra. La pace è la via da battere, nel confronto, nella fiducia e nel dialogo; la pace passa attraverso un sistema economico più giusto e per il rispetto della nostra casa comune.
Nell'intervista a suor Alessandra Smerilli, religiosa delle Figlie di Maria ausiliatrice, docente di Economia presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell'Educazione Auxilium, ripercorriamo i termini principali del testo del pontefice alla luce di quanto accaduto nel 2019 e delle sfide che ci attendono nel nuovo anno:
R. –Quello che mi piace del Messaggio è mettere in relazione la pace con la speranza e con il cammino, cioè se c’è speranza siamo in cammino, non stiamo fermi, perché abbiamo visto un qualcosa. Papa Francesco ha detto anche che la speranza è come una porta che io voglio varcare - la vedo! La vedo e quindi mi metto in cammino, ho desiderio. Penso a chi di noi non ha mai avuto esperienza dell'attesa di un esito di un concorso o di un lavoro per cui si è fatta domanda o in situazioni difficili quando attendiamo che qualcosa cambi: la speranza è quello che ci tiene desti e ci fa muovere. Quindi in qualche modo è anche un antidoto all’immobilismo e noi oggi abbiamo bisogno di camminare verso la pace.
Il messaggio ci ricorda anche che se noi scegliamo la via del rispetto, della fiducia e della stima reciproca possiamo spezzare la spirale della vendetta. E' la fratellanza, la fraternità, di cui parla Francesco. Nel 2019 quali le tappe che possono farci ben sperare per il futuro in tal senso?
R. - Credo che un punto luminoso di questo cammino sia stata sicuramente la Dichiarazione di Abu Dhabi che credo abbia messo un punto fermo in un cammino di fratellanza e di fraternità. Credo anche il recente viaggio di Papa Francesco in Giappone e in Thailandia sia stato un punto per fermarci, pensare e dire: “alcune cose non bisogna ripeterle mai più”. Vedo che anche in Italia assistiamo ad un risveglio anche di una coscienza civile, in vari campi. Credo che sia questo guardare all’altro come ad un fratello, riconoscerci figli di uno stesso Padre. È qui che si fonda la nostra fraternità, è qui che si fonda quella cultura dell’incontro a cui Papa Francesco fortemente ci richiama.
Rimane il fatto che spesso invece si usa la paura come strumento anche per tenere una situazione sotto controllo, ma in realtà la paura è solo fonte di conflitti. In questo senso sfide che ci attendono o timori che lei nutre guardando al futuro …
R. - Abbiamo assistito quest'anno ad una serie di rivolte in diversi paesi del mondo: ecco, la paura genera violenza perché è un istinto che porta a proteggersi e per farlo, ognuno fa qualcosa contro l’altro. Invece abbiamo bisogno di risvegliare ancora di più la coscienza civile di tante persone che magari soccombono e non riusciamo ad udire nel clima di violenza anche mediatica, a cui stiamo assistendo. Ecco, la mia paura è che questo clima possa prendere il sopravvento generando delle reazioni irrazionali. La speranza, che mi porta a mettermi in cammino e a fare anche io la mia piccola parte per questo, è saper riconoscere che c'è tanta gente che non vuole cedere a questa spirale di violenza, gente che ha bisogno di fare rete. La mia speranza per il 2020 è che, come per il movimento di Greta Thunberg, da uno sciopero solitario davanti al parlamento si è generato un movimento mondiale che si fa sentire, così si generi un movimento mondiale di persone che si fanno sentire nel chiedere pace, fraternità, fratellanza, l’essere l’uno accanto all’altro senza doversi odiare o senza aver paura l’uno dell’altro.
Il Papa affianca la parola "riconciliazione" anche alla "conversione ecologica", tema che ha tenuto banco nel 2019 coinvolgendo, come lei ha detto, le piazza del mondo. Quali sono secondo lei i migliori risultati raggiunti?
R. - Sicuramente il 2019 è stato l'anno della svolta. Quando penso al tema ecologico, alla conversione ecologica, alla riconciliazione con la natura, penso al 2019 come l’anno della massa critica: cioè a quelle rivoluzioni, come le reazioni nucleari, che per scattare hanno bisogno che si generi una massa critica. Una volta generata, la reazione, non si ferma più. Ecco, nel 2019 siamo arrivati in breve tempo a porre questi temi all’attenzione mondiale, grazie in particolare ai giovani che non hanno smesso di far sentire la loro voce e grazie alla Chiesa, perché è una delle poche voci profetiche che si è levata in questo campo, penso al Sinodo per l’Amazzonia, è stata proprio la Chiesa. Ora per il 2020 abbiamo bisogno che questa conversione diventi un po’ più generalizzata e, in questo senso, vedo come segno di speranza l’incontro che si farà ad Assisi, dove il Papa ha convocato a fine marzo giovani economisti. Perché è un segno di speranza? Perché stanno lavorando insieme tanti adulti e tanti grandi, – ci saranno premi Nobel, grandi economisti e grandi imprenditori – e giovani, che si stanno preparando, dovrebbero essere più di duemila da tutto il mondo, per - scrive il Papa nella sua convocazione - cambiare l'economia attuale, dare un’anima all’economa del futuro e questo vuol dire vivere un’economia riconciliata anche con la Terra.
E' quanto il Papa intende, quando parla, nel Messaggio, di "stili diversi", di "gioiosa sobrietà della condivisione"?
R. - Esatto. Essendo io nel Comitato organizzatore di Assisi, abbiamo occasione di leggere le lettere di motivazione che i giovani hanno scritto per poter partecipare. E ci sono alcune costanti, come appunto proprio il desiderio di vivere l’economia come condivisone, il desiderio di fare una rete tra loro perché non si sentano isolati nei loro contesti a voler vedere l’economia fatta così, un'economia che non nasce per lo sfruttamento, un’economia che è al servizio dell’umanità, della fratellanza e della pace. Ci sarà anche un villaggio tematico ad Assisi in cui si affronterà proprio il tema di un'economia per la pace, l'economia della pace.
All'apertura del nuovo anno il Papa nel Messaggio affida a ciascuno il compito di essere artigiani della pace. Come lo si può fare nel concreto?
R. - Credo che il tema della pace a livello mondiale sia tanto grande. Ma credo anche che ognuno possa fare piccole cose, che, se messe in pratica, possono generare cambiamento. Personalmente da tempo ho preso l'impegno di vigilare sui social media perchè non ci siano mai parole che non siano di pace e di costruzione di fraternità. Credo che se ciascuno prima di scrivere un post, fare un commento, o reagire a qualcosa, pensasse se quello che sta facendo costruisce la pace o contribuisce a creare un clima di odio, ciò basterebbe a generare quel clima di cui abbiamo bisogno per essere artigiani costruttori di pace.
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