Bangalore, il vescovo: non sappiamo dove seppellire i morti
Federico Piana- Città del Vaticano
L’India è sempre più fiaccata dalla seconda ondata di pandemia. Gli ultimi dati diffusi dal governo fanno sapere che, nelle ultime 24 ore, i contagiati sono stati 329.000 mentre i decessi hanno superato le 3.800 unità. Nell’arcidiocesi di Bangalore, agglomerato urbano del popoloso Stato del Karnataka, si moltiplicano i forni crematori improvvisati su enormi cataste di legna mentre i quindici cimiteri cristiani cittadini sono completamente esauriti.
Alla ricerca di un terreno
L’arcivescovo di Bangalore, monsignor Peter Machado, da giorni ha intrapreso un’estenuante ricerca di terreni liberi dove poter dare degna sepoltura e un estremo saluto ai cadaveri che, di giorno in giorno, aumentano sempre di più. “Anche oggi - racconta- sono andato a cercare un terreno un po’ distante dalla città, nei pressi di una chiesa che possiede un sito poco utilizzato. Purtroppo, però, la gente del posto non vede di buon occhio la sepoltura dei morti, ne ha paura. Allora, ho parlato con un capo della zona per capire come realizzare un’entrata senza destare troppa attenzione. Per ora siamo riusciti a scavare solo quindici tombe, per via del terreno, molto duro”.
Sepoltura, gesto di estrema carità
Nella sua arcidiocesi, monsignor Machado ha istituito anche una taske force che ha come compito quello di occuparsi delle sepolture di massa: operazione che richiede carità, amore, abnegazione. “Queste persone - dice- protette da un kit di prevenzione e divise in piccoli gruppi, seppelliscono i morti uccisi dal virus in varie zone. Tra loro ci sono anche quattro preti che danno la benedizione alle salme. Non possiamo fare i funerali, perché in molti cimiteri il posto per celebrare la messa non c’è. In molti casi, comunque, l’eucarestia si celebra in chiesa dopo la sepoltura”.
Cristiani, uniti per aiutare
A Bangalore, però, non mancano solo i cimiteri. Come in tutto il resto del Paese, scarseggiano i posti letto negli ospedali, l'ossigeno e i medicinali. Ecco, allora, che l’aiuto della Chiesa, unita ad altre confessioni cristiane, non si è fatto attendere. Monsignor Machado spiega che “in città ci sono quattro strutture sanitarie cattoliche e cinque appartenenti ai protestanti. Lavoriamo in simbiosi ed il governo è molto soddisfatto della nostra attività. La mia arcidiocesi ha anche messo a disposizione delle aule scolastiche trasformate in Covid Center, dove si cura la gente meno grave e si somministrano i vaccini”.
La speranza non muore
Un dolore che strazia il cuore di monsignor Machado è anche l’impossibilità di poter celebrare pubblicamente le sante messe. Ma lui non perde la speranza: “Ogni giorno, trasmettiamo la messa online in due lingue locali e in inglese. Nella gente, c’è tanta fame di fede: molti, in casa, hanno costruito un piccolo altare e, quando seguono la messa in diretta, accendono delle candele in segno di devozione. La religiosità, nonostante la situazione drammatica che stiamo vivendo, rimane sempre molto viva”.
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