Carcere, "La Tenda di Cristo": ogni volta che recuperiamo una persona per noi è Natale
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Tempo, ascolto, accoglienza: sono questi gli ingredienti – di una semplicità disarmante – che mettono in campo gli operatori e i volontari delle strutture facenti capo a La Tenda di Cristo, un’associazione nata nel 1986 da un’idea del camilliano padre Francesco Zambotti, diffusa poi in varie parti del mondo tra cui il Messico, che oggi conta 15 strutture che si occupano del recupero e della restituzione alla società di persone affette da dipendenze, anche quelle che vivono in condizioni di privazione della libertà personale. “Il fondamento della nostra azione è ben riassunto nel motto del nostro fondatore – spiega ai media vaticani Luca Maffi, responsabile di La Tenda di Cristo 2 a San Giovanni in Croce, provincia di Cremona – ‘non importa chi tu sia, importa se vuoi o no speranza”, esattamente quella speranza che non delude di cui parla spesso Papa Francesco e cui è dedicato il Giubileo 2025.
Leggere dentro di sé: la modalità “a specchio”
Ascoltare in profondità la storia dell’uomo che si ha davanti: questo il centro del metodo usato nelle Tende di Cristo, assieme al paradigma della cosiddetta modalità a specchio, recentemente illustrata in un convegno sul tema della promozione della persona che è stata in carcere: “Le persone devono imparare a guardare dentro di sé – racconta Maffi – come noi ogni mattina ci specchiamo prima di uscire per vedere se siamo in ordine, così si deve ricercare ordine dentro di sé per arrivare a capire cosa ha portato a un certo tipo di comportamento che magari ha condotto anche in carcere. In questo modo si sviluppa un’autocritica costruttiva e priva di giudizio che fa prendere coscienza dei propri limiti, ma anche dei propri punti di forza che non vanno assolutamente sottovalutati”. E questo è il punto di partenza, secondo il responsabile che ha un’esperienza di oltre dieci anni.
Un cammino personale da percorrere insieme
Chi viene accolto in una delle Tende di Cristo, dunque, non sarà mai solo ad affrontare le proprie criticità, anche se “la partita la gioca la libertà personale – precisa ancora Maffi – noi non pensiamo di salvare nessuno, solo il Padre Eterno può farlo, noi però dobbiamo essere pronti e capaci di accompagnare la persona su questa strada, spesso costellata da momenti difficoltà e cedimento, e lavorare insieme sull’autoconsapevolezza”. Farsi coinvolgere pienamente, dunque, anche mettendo in gioco le proprie emozioni.
Il dono di Gesù che nasce
Per il Natale quale dono invocare per chi vive ancora l’esperienza della privazione delle libertà personale come della dipendenza? “La pace interiore, è uno stato d’animo che consente di affrontare tutto – prosegue sicuro Maffi – Gesù non è un mago con la bacchetta magica che risolve i nostri problemi, ma affrontare tutto con il sostegno di una fede vera e solida aiuta a conquistare quella pace interiore necessaria ad avere uno sguardo nuovo e giusto sulla situazione”. A breve, dunque, la gioia di Gesù Bambino che nasce riempirà ogni casa e ogni tenda: “Cristo nasce ogni giorno nelle nostre tende - conclude - quando vediamo rinascere una delle persone che ci sono affidate, anche quel giorno per noi è Natale”.
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