Siria, l'incertezza della comunità cristiana
Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
In Siria si va delineando un nuovo governo, e Abu Mohammed al-Jolani, il leader del gruppo Hayʼat Taḥrīr al-Shām, che ha spodestato il presidente Bashar al-Assad, ieri ha invitato tutti “a scendere nelle piazze per esprimere la propria gioia” e a “partecipare alla ricostruzione del Paese”. Tuttavia riguardo al futuro rimane la prudenza, soprattutto nelle cancellerie internazionali, che dal G7 chiedono un “processo politico inclusivo”.
Dramma e speranza
In questi casi, “direi che la prudenza è un atto quantomeno dovuto. Ai gruppi ora al potere va concesso però un po’ di tempo per capire come organizzare le cose e come mettere in sicurezza le città, visti anche i tanti ladri e saccheggiatori che stanno approfittando della situazione di caos”. Con i media vaticani parla in una conversazione telefonica da Aleppo Jean François Thiry, coordinatore dei progetti per la Siria dell’Associazione Pro Terra Sancta, cui chiediamo una testimonianza su come si sta sviluppando in queste ore la situazione nel Paese. “Per fortuna nei giorni della rivoluzione, almeno attorno a Damasco, dove mi trovavo, non c’è stato praticamente alcun combattimento, e dopo i primi momenti di paura la situazione è andata normalizzandosi. Poi sono rientrato ad Aleppo, in un flusso imponente di persone che provavano a tornare alle loro case. E’ stato drammatico durante il viaggio vedere attorno a Homs ancora dopo giorni dagli eventi i corpi dei militari lungo la strada”.
Le promesse siano mantenute
I cristiani hanno avuto subito rassicurazioni e garanzie di protezione. “Sono state fatte molte promesse circa la ripresa dei nostri costumi e del nostro modo di essere. E tuttavia, si pongono diversi problemi: le nostre donne per esempio non girano velate. Potranno continuare a farlo? E’ stata detto che ci verranno restituite le scuole cristiane, in mano al governo dagli anni Sessanta. Potranno continuare a essere istituti misti, frequentati da ragazzi e ragazze? Potranno continuare a rimanere chiuse il sabato e la domenica, come fanno adesso? Pro Terra Sancta fa progetti di sostegno che prevedono la collaborazione tra cristiani e musulmani. Potremo proseguirli per entrambe le comunità religiose? Al momento c’è ancora tanta incertezza e anche tanta paura. Chiediamo che le promesse fatte vengano mantenute”.
I progetti dell’associazione
Il Paese rimane segnato da tensioni e scontri, soprattutto nel nord, tra le Forze democratiche siriane (Fds), milizie a maggioranza curda sostenute dagli Usa, e le fazioni armate legate alla Turchia, tra cui l’Esercito nazionale siriano (Ens). Si aggiungono le difficoltà umanitarie per una popolazione vessata da 13 anni di guerra civile e ora scossa da una nuova instabilità. La Commissione Ue ha varato un piano di aiuti per 160 milioni di euro, mentre l'ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari (Unocha) ha dichiarato che circa 1,1 milione di persone, principalmente donne e bambini, sono sfollati da quando i ribelli, il 27 novembre scorso, hanno lanciato l’offensiva contro il governo di Damasco. Tanti profughi stanno rientrando nel Paese dall’estero; d’altro canto in molti, alcune decine di migliaia, soprattutto sciiti e membri di altre minoranze, riporta Reuters, lo stanno abbandonando per il Libano, impauriti da eventuali ritorsioni e persecuzioni. “Dobbiamo essere pronti all’emergenza. Pro Terra Sancta – spiega Thiry – ha diversi progetti in piedi, che speriamo di poter proseguire: una mensa che distribuiva 1.200 pasti al giorno ad Aleppo, aumentati recentemente a 1.500; una produzione di pane (circa 200 chili al giorno) che prepariamo gratuitamente soprattutto per i più vulnerabili; attività di micro-business per aiutare i giovani ad avviare proprie iniziative imprenditoriali; centri di sostegno psicologico post-conflitto e post-terremoto attraverso l’arte, il teatro, il canto; inoltre, ad Aleppo est, nella parte musulmana, progetti di supporto educativo per le popolazioni più povere realizzati assieme ai francescani”.
L’importanza della testimonianza di fede
Al di là di tutto, però, conclude, “ciò che mi preme sottolineare è l’importanza della nostra testimonianza cristiana presso tutti, anche presso i musulmani, che ci auguriamo di poter proseguire. La storia di padre Hanna Jallouf, francescano della Custodia di Terra Santa, in questo senso è emblematica. Per anni a Idlib ha vissuto sotto il giogo dei terroristi, è stato anche in prigione, ma non è mai venuto meno alla sua fede, alla sua integrità, tanto che una volta divenuto vescovo ad Aleppo, gli stessi jihadisti gli hanno tributato grandi onori, e quando hanno riconquistato la città pochi giorni fa hanno subito voluto incontrarlo e dimostrargli la loro stima”. E’ questa testimonianza che diventa un segno per tutti “la prima missione di noi cristiani”.
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