Rapporto Onu sulla fame nel mondo. Santa Sede: fare di più e crescere in solidarietà
Barbara Castelli – Città del Vaticano
“L’umanità non ha fatto sufficientemente il suo dovere per i fratelli più poveri”. Con queste parole mons. Fernando Chica Arellano, Osservatore permanete presso l’organizzazione Onu per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), presso il Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) e presso il Programma alimentare mondiale (Pam), commenta il rapporto 2019 sullo stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo. Il documento è stato presentato ieri a New York da cinque agenzie delle Nazioni Unite: Fao, Ifad, Unicef (Fondo per l’infanzia), Wfp (Programma alimentare mondiale) e Oms (Organizzazione mondiale della sanità). Il rapporto rientra nel monitoraggio dei progressi verso il secondo obiettivo di sviluppo sostenibile (SDG) – “Fame Zero” – che mira a sconfiggere la fame, promuovere la sicurezza alimentare e porre fine a tutte le forme di malnutrizione entro il 2030.
I numeri della crudeltà della fame
Per il terzo anno consecutivo, la fame nel mondo non accenna a calare: nel 2018, circa 820 milioni di persone non hanno avuto cibo a sufficienza, rispetto agli 811 milioni dell’anno precedente. I bambini con basso peso alla nascita sono 20,5 milioni (1 su 7), i piccoli al di sotto dei 5 anni affetti da malnutrizione cronica sono 148,9 milioni e quelli che soffrono di malnutrizione acuta sono 49,5 milioni. La fame, in modo particolare, sta aumentando nei Paesi in cui la crescita economica è in ritardo, soprattutto quelli a medio reddito e quelli dediti prevalentemente al commercio internazionale di materie prime. Il rapporto delle Nazioni Unite evidenzia, inoltre, che nel mondo aumentano sovrappeso e obesità, in particolare tra i bambini in età scolare e gli adulti; e che le probabilità di insicurezza alimentare sono più alte tra le donne rispetto agli uomini in tutti i continenti, con il maggiore divario in America Latina. “Il rapporto – prosegue nell’intervista concessa a Vatican News mons. Fernando Chica Arellano – ci sta dicendo che le persone che stanno dietro a questi numeri non hanno né un presente sereno né un futuro luminoso”. “La comunità internazionale veramente dovrebbe fare di più – rimarca – manca la volontà, soprattutto nel togliere le cause dovute all’uomo, come i conflitti, la crisi economica e i cambiamenti climatici”.
Il grido di aiuto da Asia e Africa
Il maggior numero di persone denutrite (oltre 500 milioni) vive in Asia, per lo più nella parte meridionale. Anche in Africa la situazione è estremamente allarmante, con i più alti tassi di fame nel mondo, che continuano ad aumentare lentamente ma costantemente in quasi tutte le regioni. In particolare, in Africa orientale circa un terzo della popolazione (30,8%) è denutrita. Oltre al clima e ai conflitti, l’aumento è favorito dalle crisi economiche. L’Osservatore permanete presso le organizzazioni e gli organismi delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura sottolinea che “tutti possiamo fare qualcosa per lottare contro la fame”, anzitutto non sprecando il cibo e non cedendo all’indifferenza, come i personaggi della parabola del “buon samaritano”. “La comunità internazionale – aggiunge – deve crescere in solidarietà, perché la solidarietà, l’investimento nella pace sono un modo di lottare contro la fame”.
R. – Questo rapporto ci dice che l’umanità non ha fatto sufficientemente il suo dovere per i nostri fratelli più poveri. La fame continua ad aumentare. Questo evidenzia – direi – la grandezza della sfida di raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile “Fame zero” entro il 2030. Dunque, vuol dire che dobbiamo lavorare di più per fare meglio il nostro dovere come comunità internazionale e soprattutto come persone, anche a livello individuale. I numeri sono veramente molto eloquenti. Parliamo di Asia: 513,9 milioni di persone affamate. Parliamo di Africa: 256,1 milioni di persone. In America Latina sono 42,5 milioni. Ma il rapporto sottolinea non solo la crudeltà della fame, ma anche un altro aspetto: l’obesità. Gli adulti obesi nel mondo sono 672 milioni, cioè il 13%, quindi una persona su otto. Dunque, il problema non è soltanto di denutrizione, ma anche di malnutrizione. Il rapporto, veramente, ci sta dicendo che le persone che stanno dietro a questi numeri non hanno né un presente sereno né un futuro luminoso. La comunità internazionale veramente dovrebbe fare di più. Manca la volontà, soprattutto nel togliere le cause dovute all’uomo, come i conflitti, la crisi economica e i cambiamenti climatici. Questi tre continuano a essere i fattori che producono questi flagelli.
L’attenzione agli ultimi, a chi soffre, è un tema molto caro a Papa Francesco. Come è possibile promuovere, anche nel piccolo, una trasformazione strutturale inclusiva?
R. - Tutti possiamo fare qualcosa per lottare contro la fame. Prima di tutto, non sprecare il cibo; poi, non passare, come ha fatto il sacerdote o il levita, davanti al povero chiudendo gli occhi o non ascoltando il grido degli affamati. Questo a livello personale. A livello parrocchiale e di altre ong, si stanno facendo veramente tante belle cose, si trovano delle iniziative bellissime. Ma si può fare di più. Questo rapporto è una spinta fare di più. Poi la comunità internazionale deve crescere in solidarietà, perché la solidarietà, l’investimento nella pace sono un modo di lottare contro la fame. Se noi non sconfiggiamo la fame, tutti gli altri obiettivi di sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030 credo non potranno essere raggiunti. L’obiettivo numero uno e l’obiettivo numero due sono fondamentali per raggiungere gli altri 15 obiettivi, che tutti insieme si sintetizzano dicendo che non dobbiamo lasciare nessuno indietro. Papa Francesco, il 27 giugno, ha ricevuto la Conferenza della Fao dicendo che questo è un problema che deve coinvolgere tutti, perché la sofferenza di una persona è la sofferenza di tutti. Ha fatto anche un appello al buon uso dell’acqua, soprattutto alla produzione del cibo e alla sua distribuzione più giusta, perché mentre ci sono Paesi dove il cibo avanza, soprattutto in Africa ci sono intere regioni dove invece manca. Questo diseguaglianza è veramente crudele.
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