Forti tensioni in Bolivia. La Chiesa esorta a seguire la via del dialogo
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
La Bolivia continua ad essere scossa dalle proteste. Finora, secondo fonti locali, sono morte oltre 32 persone. Jeanine Áñez, presidente ad interim, ha presentato al Parlamento una legge elettorale per indire nuove elezioni presidenziali ed annullare quelle dello scorso 20 ottobre, vinte da Evo Morales ma viziate, secondo l'Organizzazione degli Stati americani (Osa), da brogli e irregolarità. Dopo forti pressioni, anche da parte dell’esercito, sono poi arrivate lo scorso 10 novembre le dimissioni da parte dell’ex capo di stato boliviano, che attualmente si trova in Messico dove ha ricevuto asilo politico.
Un Paese diviso
Lo scenario boliviano è segnato da forti tensioni e divisioni. Nei giorni scorsi, i sostenitori di Morales hanno bloccato un importante impianto per la distribuzione carburante, impedendo il rifornimento della capitale. Per forzare il blocco, sono stati usati carri armati ed elicotteri. Disordini e scontri si sono registrati anche a Cochabamba (est), dove le forze dell'ordine hanno usato gas lacrimogeni per disperdere la folla. La presidente ad interim Jeanine Áñez ha annunciato che Evo Morales sarà denunciato alla Corte penale internazionale (Cpi) per crimini contro l'umanità. Secondo quanti lo accusano, l’ex presidente boliviano avrebbe fomentato la rivolta armata. In particolare si fa riferimento alla trascrizione di una conversazione telefonica diffusa dal ministro degli Interni Arturo Murillo durante la quale una voce attribuita a Morales ordina ai suoi simpatizzanti di dare ''dura battaglia”.
Il ruolo della Chiesa
In questo clima di violenza e tensione, ha preso il via il dialogo mediato dalla Chiesa cattolica. Lo scorso 18 novembre la Conferenza episcopale boliviana, rappresentanti dell'Unione Europea e delle Nazioni Unite hanno convocato ufficialmente il tavolo di dialogo nazionale con tre obiettivi: pacificare il Paese, definire gli accordi per nuove elezioni generali, concordare l'elezione di un nuovo tribunale supremo elettorale. In un recente comunicato, la Conferenza episcopale della Bolivia sottolinea che “nuove elezioni, trasparenti e affidabili, sono il modo migliore per superare le differenze in modo democratico e pacifico”. Il cardinale boliviano Toribio Porco Ticona, vescovo prelato emerito di Corocoro, in un messaggio trasmesso sui canali YouTube della Chiesa boliviana invita inoltre tutti i concittadini a dialogare e a fermare ogni atto violento, perché “la violenza porta ulteriore violenza”.
“Dobbiamo parlarci – sottolinea il cardinale Ticona dobbiamo cercare una via d’uscita”. “Cerchiamo pace, amore, perdono, comprensione, solidarietà, possiamo costruire una grande patria libera, sovrana e indipendente”. “Fratelli contadini, fratelli della classe media e professionisti, con grande dolore per gli eventi questi giorni – conclude il porporato mi rivolgo a tutti voi, perché siamo in qualche modo responsabili di tutto ciò che sta accadendo, ed è per questo che vogliamo chiedere al Dio della vita e della storia di farci capire che la violenza non è la soluzione, la violenza porta più violenza”.
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