Il Covid non ferma la solidarietà e la carità
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
In tempo di pandemia, per evitare il più possibile i contagi da coronavirus, la vita è stata rallentata, se non addirittura fermata. Anche le attività più semplici si sono svolte e si stanno svolgendo, nonostante la parziale riapertura, con grande difficoltà. Anche le organizzazioni caritative hanno subito gli effetti del lockdown, ma hanno cercato di andare avanti e non fare mai mancare il sostentamento e i beni di prima necessità alle tante persone che non hanno un’abitazione e che vivono in strada condizione di povertà estrema. “Nel mese di marzo – afferma Giuliano Crepaldi, presidente dell’ ‘Associazione San Vincenzo de’ Paoli’ – ci sono state molte difficoltà, alle quali abbiamo cercato di far fronte non facendo mai mancare i pasti giornalieri alle persone a cui prestiamo soccorso a Roma, in particolare alla Stazione Termini, nella zona di San Pietro e in altri luoghi della capitale. Il nostro kit operativo si è arricchito di strumenti quali mascherine, tute e guanti, che in parte abbiamo fornito anche ai nostri assistiti. Abbiamo sempre garantito il servizio delle mense itineranti e della nostra mensa fissa.
Povertà, dignità e un paio di scarpe
Il coronavirus ha portato allo scoperto tante emergenze, che prima erano parzialmente risolte con forme di lavoro saltuario, attività in nero, o altre forme di sostentamento. E’, dunque, aumentato il numero delle persone che fanno ricorso alle attività caritative, soprattutto per la fornitura di beni alimentari. E il rispetto delle misure di sicurezza è stato garantito anche grazie alla collaborazione delle persone che vengono aiutate. Per questo è stato possibile rispettare il distanziamento sociale e le altre disposizioni. “Certo, ciò che è venuto a mancare – sottolinea Crepaldi – è il contatto umano. Prima del Covid alla consegna di cibo si affiancava sempre il dialogo, uno scambio di idee, che ci consentiva anche di conoscere la situazione reale di ogni singola persona e delle esigenze che aveva. Il tutto sempre nel rispetto di quanto ciascuno volesse dire. Alla condizione di indigenza, secondo la nostra esperienza, si è sempre affiancato un senso di grande dignità. Nessuno parla mai troppo delle proprie difficoltà e della propria storia. Tutt’al più c’è la richiesta di un paio di buone scarpe, fondamentali per chi cammina tutto il giorno. E’ indubbio che in periodo di pandemia, il ruolo dei volontari sia stato decisivo ad evitare che tante persone che vivono ai margini della società fossero abbandonate”.
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