Crisi in Myanmar, il cardinale Bo: preghiamo per il ritorno alla pace
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Il Myanmar ha vissuto la giornata più drammatica dal golpe militare del 1° febbraio scorso, che ha fatto seguito alla schiacciante vittoria alle elezioni della Lega per la Democrazia della leader di Aug San Suu Kyi. La premio Nobel per la pace è finita agli arresti domiciliari con una serie di accuse a suo carico e relativi processi. Un clima che ha fatto tornare l’ex Birmania al periodo precedente al 2011, quando era in vigore il governo militare. Il colpo di Stato ha suscitato la protesta popolare contro cui sono intervenute le forze dell’ordine. Domenica la giornata più tragica con 18 manifestanti uccisi a Yangon e in altre città. E altre manifestazioni si annunciano nelle prossime ore.
Il cardinale Bo promuove il dialogo
La Chiesa del Myanmar guarda con preoccupazione alla situazione che giorno dopo giorno rischia di precipitare. Lo stesso cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon e presidente dei vescovi birmani, ha twittato quella che è diventata l’immagine simbolo delle proteste; la religiosa saveriana, Suor Ann Nu Twang, inginocchiata in preghiera, nella città di Myitkyina nello stato Kachin, di fronte agli agenti in tenuta antisommossa. Il porporato scrive di un Paese ridotto ad un campo di battaglia, poi assicura che “i cattolici propongono un piano nazionale di cooperazione con le autorità. Vogliamo incoraggiare e mediare un dialogo nuovo e tempestivo tra le diverse parti”. Forti le parole del cardinale Bo nell’omelia della Santa Messa nella seconda domenica di Quaresima. “Solo l’amore, non l’odio, vince l’odio”. Accorato il suo auspicio affinché non venga più “versato sangue innocente su questa terra”. Democrazia, fraternità e uguaglianza – afferma – siano l’obiettivo a cui tutto il Paese deve tendere. Le parole di Bo, secondo Stefano Vecchia, esperto di Asia, indicano come la Chiesa, ma anche tutte le altre religioni esistenti in Myanmar, si stiano facendo portavoce di distensione riconciliazione. Nell’intervista a Vatican News Vecchia commenta l’atteggiamento di chiusura del governo militare.
La denuncia della comunità internazionale
La comunità internazionale, Onu in testa, stigmatizza l’atteggiamento repressivo del governo del Myanmar nei confronti dei manifestanti. Dura la condanna da parte del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, che chiede di fermare immediatamente l’uso della forza contro i manifestanti politici, mentre gli Stati Uniti esprimono solidarietà al popolo birmano che, afferma, il segretario di Stato, Anthony Blinken, “combatte coraggiosamente per la democrazia e lo stato di diritto”. Intanto, il governo militare ha licenziato l’inviato all’Onu del Myanmar, che aveva chiesto “la fine del colpo di Stato militare e una forte iniziativa della comunità internazionale”.
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