Myanmar, liberato il sacerdote cattolico arrestato dai militari
Salvatore Cernuzio - Città del Vaticano
Era in viaggio verso la città di Myitkyina per ritirare aiuti in denaro a sostegno di famiglie povere senza lavoro, padre Colombano Labang Lar Di, quando – lo scorso 13 maggio - i militari dell’esercito del Myanmar l’hanno fermato e messo in manette. Nella mattinata di oggi, il sacerdote cattolico della diocesi di Banmaw, nello stato del Kachin, è stato rilasciato e accompagnato, personalmente dalle autorità locali, dal vescovo di Raymond Sumlut Gam, presso il centro diocesano.
Ad annunciarlo è lo stesso presule che, all'agenzia Sir, ha espresso il suo "più profondo ringraziamento e apprezzamento a Papa Francesco", che ieri, domenica 16 maggio, ha celebrato una messa a San Pietro con la comunità birmana di Roma, e "alle comunità in tutto il mondo per le preghiere speciali e il sostegno che stanno dando alla pace e alle persone che soffrono in Myanmar”.
Padre Colombano, parroco di Prang Hkung Dung, situata al confine con la Cina, dove vivono nei campi profughi migliaia di sfollati interni, è uno dei tanti preti che, insieme a suore e religiosi, in questi giorni stanno portando aiuto a quella parte di popolazione inerme e indifesa che stanno partecipando al Movimento di disobbedienza civile (CDM) contro il colpo di stato militare avvenuto il 1° febbraio scorso.
L'arresto
Lo scorso 13 maggio, il prete stava viaggiando da Banmaw a Myitkyina con la sua macchina quando è stato fermato a un posto di blocco militare a circa 22 miglia a nord della città, dove sono in corso intensi combattimenti. I militari hanno trovato alcune foto e dati, tra cui immagini dell’Esercito per l’indipendenza Kachin (Kia), nel suo telefono cellulare. Padre Colombano è stato portato alla base militare di Banmaw per ulteriori domande. Solo il giorno successivo, monsignor Sumlut Gam è venuto a conoscenza dei fatti ma gli è stato impedito di incontrare il sacerdote.
L'appello del vescovo
Quindi il vescovo, sabato 15 maggio, ha inviato una lettera con un appello al comandante e alle autorità statali e ai relativi alti funzionari per il rilascio del sacerdote che, in mattinata, è stato liberato. La notizia dell'arresto era intanto divenuta virale sui social media in questi giorni, generando accese reazioni della società civile e nella Chiesa birmana che parlavano di un ulteriore atto di violenza e intimidazione da parte dei militari nei confronti del personale cattolico e dei leader religiosi.
Un prete impegnato nell'aiuto ai civili
La diocesi in cui padre Labang Lar Di opera sorge, come detto, nello stato del Kachin, territorio abitato da meno di due milioni di persone, in maggioranza cristiani, tra cui 120mila cattolici. Si tratta di una regione che ha subito diverse iniziative militari sia nel mezzo secolo di dittatura, sia nell’ultimo decennio. L’instabilità politica ha provocato un forte numero di sfollati e le Chiese locali sono profondamente impegnate su questo fronte per aiutare le persone. Dal 2011, anno in cui è iniziato il rinnovato conflitto armato tra l’esercito del Myanmar e la Kia, la diocesi ha ospitato oltre 50mila sfollati interni. A causa dei recenti disordini politici e dei combattimenti, più di cinquemila persone sono state sfollate nell’area e si stanno rifugiando nei complessi ecclesiastici, nei monasteri buddisti, nelle parrocchie. "La diocesi sta cercando di rispondere alle prime necessità, fornendo accompagnamento pastorale e assistenza umanitaria attraverso la Caritas di Banmaw”, spiega il vescovo.
In particolare, padre Labang - come raccontano persone a lui vicine, citate dall’agenzia Fides - in questo tempo ha aiutato numerosi civili, occupandosi di assistere e portare aiuti umanitari e scorte di cibo a quanti sono scesi in piazza o hanno aderito in qualche modo alla protesta, “operando in spirito di solidarietà e carità cristiana”.
Boicottaggio pacifico
Intanto in Myanmar larghe fasce di professionisti e lavoratori, la cui opera è vitale per l'economia del Paese, stanno guidando il Movimento per la disobbedienza civile (CDM) contro la giunta militare. Operatori sanitari e medici, banchieri, avvocati, insegnanti, ingegneri, funzionari pubblici di tutta la Nazione, hanno chiesto ai militari di ripristinare le istituzioni democratiche, rifiutandosi di tornare al lavoro. Un boicottaggio pacifico e non violento, sottolinea ancora Fides, che procede e si diffonde soprattutto grazie ai social.
Per ritorsione, il 16 maggio, la giunta militare ha licenziato più di 150 mila insegnanti di scuole di ogni ordine e grado, dalle scuole primarie alle università, arrestando nel complesso diecimila membri del personale civile in tutto il Paese. Dal 1° febbraio scorso, l'esercito ha arrestato centinaia di membri della Lega nazionale per la democrazia, il partito che era uscito vincitore elle elezioni di novembre 2020, guidato dalla leader Aung San Suu Kyi, anch'essa agli arresti.
L'appello del Papa a impegnarsi in scelte sociali e politiche
Ieri mattina, nella Messa per il Myanmar nella Basilica di San Pietro, Papa Francesco aveva lanciato un vigoroso appello affinché i cuori si convertano alla pace e aveva esortato i cattolici ad “essere nella verità e per la verità, per la propria verità, donando la vita per gli altri”. “Dove c’è guerra, violenza, odio – ha detto il Papa - essere fedeli al Vangelo e artigiani di pace significa impegnarsi, anche attraverso le scelte sociali e politiche, rischiando la vita".
Ultimo aggiornamento: ore 20 del 17 maggio 2021
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