Freud, Pollak e l’ossessione per l’antico nella ricerca delle radici comuni
Marco Guerra – Città del Vaticano
L’ossessione per l’antico, la passione per l’archeologia e la ricerca delle radici comuni della civiltà giudaico-cristiana, sono gli elementi che uniscono il grande archeologo e mercante d’arte Ludovico Pollak e il padre della psicoanalisi Singmund Freud.
Esponenti della cultura europea
Nel rapporto tra questi due ebrei, entrambi cittadini dell’Impero austroungarico, si può leggere la storia della società europea a cavallo tra il XIX e il XX secolo e l’impulso che archeologia diede all’immaginario collettivo delle classi intellettuali. Un filo rosso che viene ripercorso nel volume “L’ossessione per l’antico. Sigmund Freud e Ludwig Pollak tra ebraismo, archeologia e collezionismo”, curato da Roberta Ascarelli e Orietta Rossini e realizzato dalla Fondazione Museo Ebraico di Roma.
Roma crocevia di intellettuali
La pubblicazione, presentata lunedì presso il Giardino del Tempio maggiore a Roma, si concentra sulle figure di Pollak e Freud, tra Italia e Austria: lo studio del collezionismo si intreccia con la nascita della psicoanalisi e in questo contesto Freud è esaminatore, ma anche esaminato. A Pollak e Freud e al loro interesse rivolto al passato sono dedicati gli interventi raccolti nel volume. Sullo sfondo di questo rapporto emerge anche la Roma dei primi del Novecento, con la comunità ebraica protagonista in molti settori della vita pubblica e delle discipline accademiche. Non a caso a Roma si stabilì un altro ebreo viennese, Emanuel Löwy, che fondò la cattedra di archeologia classica de La Sapienza e contribuì a rendere la capitale d’Italia un luogo di incontro e dibattito per gli studiosi di tutto il mondo.
Il ritrovamento del braccio del Laocoonte
L’evento, promosso dal Museo Ebraico di Roma e realizzato in collaborazione con la Comunità Ebraica di Roma, si è aperto con i saluti della presidente della Fondazione per il Museo Ebraico di Roma, Alessandra Di Castro, ed è stato arricchito dall’intervento di Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani. La presenza della direttrice Jatta testimonia il forte legame che Pollak ebbe con i Musei Vaticani: l’archeologo ebreo trovò, riconobbe e poi donò al Vaticano il vero braccio del gruppo scultoreo del Laocoonte. La statua fino al riconoscimento di Pollak era stata restaurata in maniera erronea con braccio teso verso l’alto. Il braccio piegato in segno di sconfitta, ritrovato dall’archeologo in un antiquario di Roma, cambiò tutto il significato della scultura.
Di Castro: Freud e Pollak uniti dall’antichità
Nel 1917, durante la Prima Guerra mondiale, Pollak e Freud si incontrano a Vienna, i diari dell’archeologo che immortalano di questi incontri sono stati ritrovati presso il Museo Barracco di Roma, che fu diretto dallo stesso Pollak. “I diari riportano informazioni preziosissime”, spiega a Vatican News la presidente della Fondazione per il Museo Ebraico di Roma, Alessandra Di Castro. “Pollak stimò la collezione di archeologia di Freud e la ricerca delle radici comuni fu alla base di questa ossessione per l’antico. I due protagonisti di questa storia sono ebrei ben inseriti nella società europea del Novecento e guardano ad un’antichità complessa e stratificata che va dall’antico Egitto, che è presente nelle collezioni di Freud, fino alle civiltà greca e romana”.
Pollak ucciso ad Auschwitz
Secondo la presidente Di Castro, ad unire i due personaggi fu anche lo studio di due sculture che furono centrali per il gusto del Rinascimento: “Pollak era diventato famosissimo perché aveva scoperto da un antiquario di Roma il braccio del Laocoonte, e Freud aveva un interesse simile visto che si stava studiando del Mosè di Michelangelo, in particolare la posizione del braccio destro, che poi i recenti restauri dimostreranno che ebbe un riposizionamento, dando conferma alle intuizioni di Freud”. Di Castro sottolinea, infine, che il volume rappresenta anche un risarcimento alla memoria che la comunità ebraica di Roma ha voluto tributare a Pollak, che morì nel campo di sterminio di Auschwitz dopo essere stato catturato dai nazisti, insieme alla moglie e le figlie, nel rastrellamento del 16 ottobre del 1943. “È doveroso far conoscere l’opera di questo grade archeologo, le cui grandi scoperte e meriti sono stati in parte dimenticati”.
Rossini: archeologia linguaggio degli intellettuali
Sulla figura di Pollak è tornata anche una delle curatrici del volume, Orietta Rossini: “Pollak è stato uno degli archeologi più attivi a livello internazionale, fu anche consigliere del senatore Giovanni Barracco che regalò un museo di scultura antica alla città di Roma”. Rossini ha consultato in prima persona i diari dell’archeologo custoditi al Museo Barracco: “Quando Freud ebbe bisogno di ordinare e valutare la sua collezione chiamò Pollak. Nei diari sono registrati questi incontri nell’appartamento di Freud e le loro conversazioni di filosofia, di psicanalisi e di arte. Si instaurò un rapporto di cui si hanno tracce fino al 1934”.
“L’archeologia nella seconda metà dell’800 è protagonista di clamorose scoperte, che proiettano l’Europa in un passato molto più profondo di quello che si pensava – spiega ancora Rossini -. Si forma quindi un terreno condiviso in cui si riconosce tutta la grande aristocrazia colta, che fosse ebrea, cattolica o protestante. Tutti, a prescindere dalla religione e dall’etnia, si riconoscono nell’archeologia e nella cultura mediterranea”.
L’incontro con Pio XI
La curatrice del volume si sofferma anche sul rapporto di amicizia tra Pollak e l’allora direttore dei Musei Vaticani Bartolomeo Nogara, il quale cercò di salvare due volte l’archeologo. La prima volta intervenne quando le autorità cercarono di espellerle lo studioso dall’Italia dopo la Prima Guerra mondiale, in quanto cittadino austriaco sconfitto. Nogara fece revocare decreto di espulsione. Il direttore dei Musei Vaticani provò poi a salvare Pollak quando fu prelevato dai nazisti nell’ottobre del 1943, ma non ci fu nulla da fare. La fama e l’autorevolezza dell'archeologo furono tali che molti dei suoi libri furono presentati a Papa Pio XI, il quale incontrò Pollak e gli donò una medaglia con la sua effige in bronzo.
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