La Locanda dei Girasoli non smetta di sorridere
Paolo Ondarza - Città del Vaticano
“E’ chiusa per sempre?”. “E io che faccio adesso?”. Messaggi WhatsApp si susseguono in questi giorni sul telefono di Stefania Scarduzio, responsabile del marketing de “La Locanda dei Girasoli”. A scrivere sono i “ragazzi”, uomini e donne con sindrome di Down, che per 22 anni hanno lavorato con tanto impegno e sempre con il sorriso sulle labbra, in questo ristorante-pizzeria di via dei Sulpici nel quartiere romano del Quadraro.
Un appello inascoltato
Affitti troppo alti, impossibilità di far fronte alle bollette di luce, gas, nettezza urbana, ma soprattutto di onorare il pagamento degli stipendi. Queste le cause della decisione sofferta, pochi giorni fa, di abbassare le saracinesche. “Da anni chiediamo aiuto, nessuno ci ha ascoltati”, spiega Stefania Scarduzio. “Nelle ultime settimane non abbiamo più avuto clienti. Guadagni di 20-30 euro a serata. Economicamente è insostenibile. Anche per i ragazzi è molto deprimente. Da impresa che si autosostiene, oggi stiamo rasentando l’assistenzialismo”.
Segno di speranza
Eppure prima dell’emergenza Covid l’attività sembrava aver preso il volo. “La Locanda dei Girasoli” è stata molto più che un ristorante: un incentivo a crescere ad imparare un lavoro, uno sprone a sperare, un percorso professionale ed emotivo. Un’opportunità straordinaria di formazione e inclusione lavorativa.
Da utopia a realtà
“In questi anni”, si legge sulla pagina Facebook della Locanda, “noi tutti, con grande sacrificio e orgoglio abbiamo trasformato un'utopia in realtà. I nostri ragazzi hanno imparato più di un mestiere e il significato della parola LAVORO diventando dei veri professionisti. Hanno incontrato avversità e le hanno superate affrontandole a testa alta. Hanno conosciuto il rispetto per il prossimo e condiviso tutto se stessi nella maniera più genuina. Hanno creato una famiglia che porta il nome di un fiore splendido che segue sempre il sole”.
I messaggi dei ragazzi al Papa
Commovente la storia di una mamma di un bimbo con sindrome di Down di tre anni. Dopo aver cenato nel locale scoppia in lacrime e ringrazia i gestori: “adesso so che per mio figlio c’è un futuro”. Stefania Scarduzio racconta anche di tante persone entrate nella locanda “con il muso”, prese dai loro problemi ed uscite con il sorriso. “Noi siamo positivi perché sappiamo che sono altri i problemi della vita”. Poi si lascia scappare un desiderio: “Ci piacerebbe tanto una visita del Papa. Per i ragazzi sarebbe una gioia immensa rivederlo dopo l’occasione già avuta in Vaticano in occasione del Giubileo della Misericordia quando sono stati chiamati ad occuparsi del catering durante il meeting delle persone disabili. Sono tanti i messaggi che hanno scritto a Francesco, li ho raccolti tutti”.
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