Il Donbass, la contesa regione del Donec
Roberta Barbi - Città del Vaticano
Da sempre divisa dal punto di vista geografico tra Donbass orientale e Donbass occidentale, questa vasta area che ha come città principale Donetsk, inizia a diventare interessante nel 1700, quando vi vengono scoperti i primi giacimenti di carbone che ne favoriscono una rapida crescita industriale. Nonostante questa attività, però, i circa 7 milioni di abitanti della regione non hanno mai goduto di una situazione particolarmente florida a livello economico. Di tanti, con lo scoppio della guerra nel 2014, circa un milione hanno abbandonato le loro case secondo le organizzazioni umanitarie attive nell’area.
La storia della regione
In occasione della rivoluzione del 1917, anche il Donbass si rivolta contro il dominio zarista e costituisce la Repubblica sovietica del Donec-Kivoj Rog, successivamente sciolta per annettere il territorio alla Repubblica sovietica di Ucraina. Negli anni Novanta, in seguito alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la neonata Ucraina, nell’ambito di una pacifica collaborazione con la Federazione Russa, concede alle popolazioni del Donbass e della Crimea – in prevalenza russofone – una serie di autonomie quali, appunto, il libero insegnamento della lingua russa.
L’incrinarsi dei rapporti
Negli anni si fa sempre più profonda, però, la spaccatura tra l’Ucraina occidentale, che si avvicina progressivamente all’Unione Europea, e l’Ucraina orientale, contraria alla paventata svolta europeista. Ciò diventa particolarmente evidente alle elezioni presidenziali del 2010, quando vince, anche se di poco, il candidato filorusso Janukovic. Sono anni in cui nelle due parti dello stesso Stato si rafforzano sentimenti nazionalistici, che fanno leva soprattutto sugli elementi che presumibilmente dividono la popolazione anziché unirla, come la coesistenza tra fede cattolica e ortodossa.
L’Euromaidan e la guerra del 2014
La situazione esplode nel novembre del 2013 in una serie di proteste note come Euromaidan che partono con la destituzione del presidente Janukovic e proseguono con un’ondata di azioni violente in cui si distruggono simboli e monumenti, si cambia nome a luoghi pubblici e addirittura si sostituisce la festa nazionale, oltre a ritirare le autonomie concesse negli anni alla popolazione di origine russa. Ciò non fa altro che esacerbare gli animi e alimentare i sentimenti separatisti delle regioni orientali che infatti il 6 aprile del 2014, sull’onda di quanto avvenuto poco prima in Crimea, si staccano e si autoproclamano Repubblica Popolare di Donetsk e Repubblica Popolare di Lugansk, indipendenti dall’Ucraina, realtà che confermano con un referendum non autorizzato, ma effettuato l’11 maggio. Nessun Paese a livello internazionale aveva mai riconosciuto queste due Repubbliche, fino al discorso di Putin del 22 febbraio scorso.
Il protocollo di Minsk
Per porre fine alla guerra del 2014, il 5 settembre a Minsk, capitale della Bielorussia, si siedono attorno a un tavolo rappresentanti dell’Ucraina, della Federazione russa e delle due autoproclamate Repubbliche, sotto l’egida dell’Ocse, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. A questo tavolo viene stabilito il cessate il fuoco immediato, nonché lo scambio di prigionieri e l’impegno, da parte di Kiev, a concedere maggiori autonomie alle regioni di Donetsk e Lugansk. Com’è noto, il cessate il fuoco non è stato rispettato.
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