Nove anni fa la cacciata dalla Piana di Ninive dei cristiani, "lievito di pace" in Iraq
Beatrice D’Ascenzi – Città del Vaticano
L’anniversario di una catastrofe che ha lasciato un segno indelebile nella popolazione. Nove anni fa i cristiani iracheni, spinti dalla violenza del Is, venivano costretti a fuggire dalla piana di Ninive per cercare rifugio nel Kurdistan Iracheno. Un vero e proprio esodo per questa minoranza storica e radicata nella regione. Don Renato Sacco, consigliere nazionale di Pax Christi, illustra a Radio Vaticana – Vatican News la complessa situazione che tutt’oggi affligge la popolazione della valle, costretta a vivere con impotenza: “L'arrivo di Daesh e l'occupazione di Mosul per subire poi questa fuga terribile - spiega - in cui più di 100 mila persone per salvarsi la vita hanno lasciato indietro tutto, uscendo da casa in pigiama e caricando i propri cari malati su mezzi di fortuna”.
La vicinanza del Papa
Proprio per questo motivo, il Papa nel marzo 2021 ha deciso di recarsi in quei territori - primo Pontefice in viaggio in quella cerniera mediorientale - per sostenere le vittime della tragedia. “Non solo i cristiani ma anche gli yazidi – sottolinea Sacco – perché i Papi sono sempre stati vicini alla gente. Non dimentichiamoci di quando Giovanni Paolo II definì la guerra un' avventura senza ritorno". Il viaggio di Francesco in Iraq per don Sacco ha avuto una forza “dirompente, perché il Pontefice è stata l’unica autorità occidentale a visitare le città irachene, simbolo di dolore e di sofferenza.” Un segno di vicinanza per tutti - cristiani e non cristiani - che invita a guardare con occhi pieni di compassione tutte le zone del mondo vittime della guerra.
Gli ostacoli del ritorno
“I cristiani sono tornati con molta fatica nella piana di Ninive, a cusa delle case distrutte e delle bombe inesplose – continua il consigliere nazionale di Pax Christi - ma anche con grande speranza. La Chiesa italiana, come quella universale, ha aiutato molto i cristiani iracheni proprio mantenendo viva questa speranza”. Per il sacerdote è la fiducia verso il futuro che deve essere alimentata in questo territorio perché “è fondamentale, viste le sofferenze che l’Iraq continua a vivere dopo anni di guerra”. Un clima di forte tensione che non accenna a diminuire ma che – come ricorda il sacerdote - è sempre più acuta “come dimostra la notizia di qualche settimana fa del Patriarca Sako, che ha lasciato Baghdad per ritirarsi in un monastero”. Queste situazioni complicano ancora di più la quotidianità della popolazione, costretta a vivere secondo don Renato Sacco, “in un Paese tutt'altro che sereno, in cui l'Occidente ha ancora delle grosse responsabilità ma in cui i cristiani sono, come dice il Vangelo, un lievito di speranza e di pace che oggi in Iraq dobbiamo cogliere”.
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