A Parigi si spera ancora, pregando, nella tregua olimpica
di Giampaolo Mattei
In piena escalation di guerre — con i potenti del mondo che ignorano la proposta della tregua olimpica sostenuta anche da Papa Francesco — a Parigi si continua a pregare tenacemente per la pace.
Con lo stile resiliente degli atleti, «non si molla» la strategia di costruire relazioni più fraterne anche attraverso l’esperienza sportiva. E se la statunitense Katie Ledecky — la nuotatrice più forte di tutti i tempi — prima di tuffarsi in vasca recita l’Ave Maria «perché tutti abbiano la pace guardando l’umiltà della Madre di Dio» (proprio come fa Athletica Vaticana al “via” di ogni gara), domenica 4 agosto, tre le 10 e le 11, la Chiesa cattolica francese ha organizzato un incontro interreligioso, sul piazzale della rinata Notre-Dame — dedicato a Giovanni Paolo II — proprio per rilanciare la tregua olimpica. Un’iniziativa espressamente chiesta del Comitato olimpico internazionale che conserva viva la memoria della celebrazione a Notre-Dame in occasione Giochi parigini del 1924. Esattamente 100 anni fa.
«Testimonieremo la fraternità e pregheremo insieme per il dono della pace tra le Nazioni» dice il vescovo Emmanuel Gobillard, incaricato della Conferenza episcopale francese per le Olimpiadi. È significativo, fa presente, che la proposta sia arrivata proprio dal Comitato olimpico internazionale: sarà presente il presidente Thomas Bach che, lo scorso 19 luglio, aveva partecipato alla messa per l’inizio della tregua olimpica.
In un contesto di spiritualità — con cristiani, ebrei, musulmani, buddisti e induisti — Bach parlerà su come lo sport possa concretamente «mobilitare il meglio di ogni persona e dell’umanità». E la dimensione spirituale è centrale, così come per ogni esperienza profondamente umana.
Nel corso dell’incontro prenderanno la parola Haïm Korsia, gran rabbino di Francia; Najat Benali, presidente dell’associazione delle moschee di Parigi; Christian Krieger, presidente della federazione protestante francese; Anton Gelyasov, rappresentante ortodosso; Shailesh Bhavsar, a nome delle comunità induiste; Jigmé Thrinlé Gyatso, co-presidente dell’Unione buddista di Francia; monsignor Philippe Marsset, vescovo ausiliare di Parigi, con François Morinière e Isabelle de Chatellus, presidente e direttore generale di Holy Games, struttura della Conferenza episcopale francese per animare spiritualmente i Giochi “in casa”.
«Lo stile di fraternità attraverso lo sport che stiamo vivendo a Parigi non è occasionale o di facciata perché ogni giorno lo costruiamo insieme nel Villaggio olimpico» insiste il vescovo Gobillard. «Oltre cento cappellani cristiani e rappresentanti delle diverse religioni sono sempre a disposizione per accogliere e ascoltare gli atleti e tutte le persone che fanno parte, a vario titolo, del mondo olimpico».
Ma che cosa chiedono gli sportivi? «Gli atleti che si stanno rivolgendo a me sono anzitutto molto sensibili alla questione della pace. Vogliono semplicemente pregare, confessarsi, condividere i loro pensieri e ricevere una benedizione: non per vincere la medaglia d’oro ma per riuscire a vivere in pieno questa esperienza così umana, travolgente, che è lo sport olimpico» confida monsignor Gobillard. E, conclude, «per i cristiani «è sempre aperta la cappella di Nostra Signora degli sportivi nella chiesa della Maddalena: lì è incessante la preghiera perché i Giochi possano essere canale di dialogo per la pace».
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