Il Papa: grazie per i leader religiosi che coltivano la cultura dell'incontro
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
“Dialogo e collaborazione” sono parole-chiave oggi, in un tempo che “ha visto crescere tensioni e conflitti, con una violenza diffusa sia su piccola sia su grande scala”. Papa Francesco lo ricorda in mattinata, prima dell’udienza generale, incontrando a Santa Marta una delegazione di buddisti, induisti, giainisti e sikh, che hanno partecipato ieri ad un convegno su “Dharma e Logos, dialogo e collaborazione in un’epoca complessa”, organizzato dal Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, l’Ufficio Nazionale per l’Ecumenismo e per il Dialogo Interreligioso della CEI, l’Unione Buddhista Italiana, l’Unione Induista Italiana, la Sikhi Sewa Society e l’Institute of Jainology. Il Papa si congratula per l’iniziativa, sottolineando che
è motivo di ringraziamento a Dio quando i leader religiosi si impegnano a coltivare la cultura dell’incontro e danno esempio di dialogo e collaborano fattivamente al servizio della vita, della dignità umana e della tutela del creato.
Prima di invocare “abbondanti benedizioni” su tutti i presenti, il Pontefice li ringrazia per quanto stanno facendo “collaborando insieme secondo le rispettive tradizioni religiose, per la promozione del bene in questo nostro mondo”.
Il card. Tauran: superare pregiudizi e chiusure
In un messaggio ai partecipanti al colloquio, il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del dicastero vaticano per il Dialogo interreligioso, ha chiesto di “superare pregiudizi e chiusure, che fanno parte di una ‘cultura dello scontro’, per cedere il passo a una ‘cultura dell’incontro’”. Il cardinale Tauran ha ricordato ai convegnisti, che sono soprattutto docenti impegnati in un dialogo personale con esponenti del mondo cristiano e cattolico, hanno “la tremenda responsabilità” di coltivare nei loro allievi, “senza arrecare pregiudizio alle credenze, pratiche e sfondi culturali personali, uno spirito di apertura e rispetto”. E “ciò vale specialmente verso quelli che sono diversi, o estranei, o considerati un ostacolo alle proprie convinzioni e pratiche”. “In un mondo attanagliato da tanti conflitti e venti di guerra – ha concluso il porporato francese - la gente si aspetta che i responsabili religiosi siano solidi ponti di dialogo, mediatori creativi e interlocutori di pace e armonia, abbracciando ogni persona e trattandola con umanità, e questo vale in modo speciale per i poveri e i vulnerabili”.
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