Aprire la “porta santa” del cuore
Alessandro Gisotti
Se oggi chiedessimo a qualsiasi romano per strada cosa maggiormente gli ricorda che sta per iniziare il Giubileo, quasi sicuramente risponderebbe: i cantieri. In effetti, come già successe per l’Anno Santo del 2000, il centro della città di Roma è disseminato di “lavori in corso” per opere più o meno imponenti che incideranno sulla viabilità e la vivibilità dell’Urbe. Anche il Papa, in occasione dell’Atto di omaggio all’Immacolata in piazza di Spagna, ha riconosciuto che in questo periodo i romani sopportano disagi a causa dei cantieri, pur necessari. Tuttavia, subito dopo, rivolgendosi alla Vergine Maria ha parlato di altri cantieri, non visibili e pure non meno importanti di quelli che incontriamo nelle piazze e nelle vie della capitale. “Mi sembra di sentire la tua voce – ha detto Francesco – che con saggezza ci dice: ‘Figli miei, vanno bene questi lavori, ma state attenti: non dimenticate i cantieri dell’anima! Il vero Giubileo è dentro: dentro, dentro i vostri cuori - tu dici -, dentro le relazioni famigliari e sociali. È dentro che bisogna lavorare per preparare la strada al Signore che viene”.
E’ dentro il cuore la sorgente del Giubileo. E’ lì la “porta santa” che ognuno di noi è chiamato ad aprire per vivere pienamente questo Anno, che è tempo di grazia perché ci spinge alla conversione e al rinnovamento interiore. Ecco perché in questo 2024, che precede l’Anno Santo, Papa Francesco non ha voluto eventi speciali o grandi iniziative di “avvicinamento”, ma solo ha chiesto di prepararci attraverso la preghiera. Una “sinfonia di preghiera”, come lui stesso l’ha definita, che tocchi le corde del cuore per far risuonare un inno di gioia al Signore, che viene per salvare l’umanità sempre più sfigurata dalle guerre e dalla violenza. “Quando non si confessa Gesù Cristo – aveva detto nella sua prima Messa da Pontefice, il 14 marzo 2013 – mi sovviene la frase di Léon Bloy: ‘Chi non prega il Signore, prega il diavolo’. Quando non si confessa Gesù Cristo, si confessa la mondanità del diavolo”. Una mondanità da cui rifuggire ancor di più in questo Anno giubilare che sta ormai per cominciare. Forse un buon esercizio di difesa è proprio concentrarsi sul nostro cuore, sul suo cantiere per erigere una casa accogliente dalle porte aperte. E farlo con umiltà, consapevoli che “nella preghiera, è Dio che deve convertire noi, non siamo noi che dobbiamo convertire Dio”.
I cantieri dell’anima che ha in mente Francesco non si costruiscono con mattoni o altri materiali. Si edificano con la preghiera e a volte anche con le lacrime della tribolazione. Quelle dei tanti che non sentono più la grazia di questo Anno che arriva. Tanti che avvinti dalla tristezza hanno bisogno di un abbraccio, di uno sguardo, di un semplice “essere accanto” che solo il cuore umano può dare. Non l’intelligenza artificiale. E’ innanzitutto a loro, a questi “vinti” del nostro tempo che la “Chiesa ospedale da campo” deve portare il farmaco del Giubileo. E’ a loro che deve dare riparo e consolazione lasciando che possano toccare il lembo del mantello del Signore. “Tutti, tutti, tutti”, perché come Francesco ha scritto nella sua ultima Enciclica Dilexit Nos, tutti noi abbiamo bisogno di “ritornare al cuore”. Tutti noi, peccatori perdonati, “misericordiati”, siamo chiamati a lavorare con coraggio e fiducia nei cantieri più importanti della nostra esistenza: i cantieri del cuore.
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