Ep. 346 - Papale papale - "Democrazia"
Pio XII, radiomessaggio natalizio 24 dicembre 1944
Premesso che la democrazia, intesa in senso largo, ammette varie forme e può attuarsi così nelle monarchie come nelle repubbliche, due questioni si presentano al Nostro esame: l° Quali caratteri debbono contraddistinguere gli uomini, che vivono nella democrazia e sotto il regime democratico? 2° Quali caratteri debbono contraddistinguere gli uomini, che nella democrazia tengono il pubblico potere?
Esprimere il proprio parere sui doveri e i sacrifici, che gli vengono imposti; non essere costretto ad ubbidire senza essere stato ascoltato: ecco due diritti del cittadino, che trovano nella democrazia, come indica il suo nome stesso, la loro espressione. Dalla solidità, dall'armonia, dai buoni frutti di questo contatto tra i cittadini e il governo dello Stato, si può riconoscere se una democrazia è veramente sana ed equilibrata, e quale sia la sua forza di vita e di sviluppo. Per quello poi che tocca l'estensione e la natura dei sacrifici richiesti a tutti i cittadini, — al tempo nostro in cui così vasta e decisiva è l'attività dello Stato, la forma democratica di governo apparisce a molti come un postulato naturale imposto dalla stessa ragione. Quando però si reclama « più democrazia e migliore democrazia », una tale esigenza non può avere altro significato che di mettere il cittadino sempre più in condizione di avere la propria opinione personale, e di esprimerla e farla valere in una maniera confacente al bene comune.
Paolo VI, Santa Messa per la IV Giornata mondiale della pace, 1 gennaio 1971
Cosa vuol dire democrazia? Democrazia vuol dire che è il popolo a dirigere, che il potere nasce dal numero, dalla quantità, dalla popolazione qual è.
Se noi siamo coscienti di questo progresso sociale che il nostro tempo ha maturato e che va diffondendosi per tutta la terra, noi dobbiamo dare alla democrazia questa voce prevalente che si impone. La democrazia "non" vuole la guerra, il popolo" non" vuole che le masse si abbiano a misurare le une contro le altre per uccidere. Deve nascere quindi da questa formazione, da questa mentalità politica di popolo, della massa, della generalità della popolazione l'idea, un'idea dominante: non deve esserci più la guerra nel mondo.
Giovanni Paolo II, discorso ai partecipanti alle celebrazioni per il centenario della nascita di Alcide De Gasperi 2 aprile 1981
De Gasperi intese l’autorità come un servizio per il bene comune e l’accettò come croce e sofferenza, e non come traguardo e strumento di personale interesse. Avvertiva fino allo spasimo la limitatezza dei piani e delle risorse per giungere in aiuto a tutti i cittadini, per realizzare un’autentica giustizia sociale, per salvaguardare la democrazia e la libertà, senza decadere nell’arbitrio e nel relativismo morale.
(...) Giustamente perciò Robert Schuman disse di lui: “La vita religiosa, la democrazia, l’Italia, l’Europa erano per Lui dei postulati di una fede profonda e indefettibile. Egli aveva l’anima di un apostolo; De Gasperi è stato per tutta la vita, un esempio della fedeltà che sopravvive alle prove più dure. Restiamo fedeli alla sua memoria e al suo grande esempio”.
Una democrazia dal cuore risanato continua a coltivare sogni per il futuro, mette in gioco, chiama al coinvolgimento personale e comunitario. Sognare il futuro. Non avere paura.
Non lasciamoci ingannare dalle soluzioni facili. Appassioniamoci invece al bene comune. Ci spetta il compito di non manipolare la parola democrazia né di deformarla con titoli vuoti di contenuto, capaci di giustificare qualsiasi azione. La democrazia non è una scatola vuota, ma è legata ai valori della persona, della fraternità e anche dell’ecologia integrale.
Come cattolici, in questo orizzonte, non possiamo accontentarci di una fede marginale, o privata. Ciò significa non tanto di essere ascoltati, ma soprattutto avere il coraggio di fare proposte di giustizia e di pace nel dibattito pubblico. Abbiamo qualcosa da dire, ma non per difendere privilegi. No. Dobbiamo essere voce, voce che denuncia e che propone in una società spesso afona e dove troppi non hanno voce.