Card. Becciu: p.Arnaiz, un esempio di crescente dono di sé
Roberta Barbi – Città del Vaticano
“Ha saputo permeare della dottrina di Cristo l’ambiente nel quale è vissuto, contribuendo così alla missione della Chiesa nel mondo”. Così il cardinale Angelo Becciu, nell’omelia della cerimonia di Beatificazione, ha indicato alla Chiesa e al mondo il chiaro esempio di fede del padre gesuita spagnolo Tiburcio Arnaiz Muñoz, oggi elevato agli onori degli altari nella Cattedrale della città in cui più di tutte fece del bene: Malaga.
“Un pastore con l’odore delle pecore”
Il porporato ha ripreso questa bella definizione che Papa Francesco ha dato dei sacerdoti per descrivere il nuovo Beato, la cui fede profonda è stata arricchita “dal senso della presenza di Dio e dalla prontezza di accordare la propria esistenza alla volontà divina”. Il sacerdote, infatti, è tra gli ultimi e gli scartati dei corralones – le periferie più malfamate della città – che svolse il suo apostolato, donando tutto se stesso nel fervido ministero dell’annuncio della Parola. E poiché il bene si moltiplica per divisione e il seme del Vangelo germoglia sempre, alla sua attività di catechesi parteciparono ben presto un gruppo di fedeli laiche che s’impegnarono particolarmente nelle più sperdute aree rurali, ponendo le basi di quelle che ancora oggi sono le Missionarie delle dottrine rurali.
Chi avrà riconosciuto Gesù sarà salvato
Padre Tiburcio rappresenta alla perfezione un esempio di chi ha saputo riconoscere e seguire Gesù, ma non solo con le parole, bensì con i fatti, nella propria testimonianza di vita. “Abbiamo o non abbiamo riconosciuto Gesù nella nostra vita? – si chiede il card. Becciu – La posizione che assumiamo davanti a Cristo nel giudizio finale sarà determinante per il nostro destino eterno; tutto si giocherà su due parole: mi riconoscerà o mi rinnegherà”. E riconoscere Cristo, spiega ancora il porporato, significa “non avere timore di dichiararsi cristiani” e farlo pubblicamente; rinnegarlo, invece, vuol dire “sconfessare Lui e il Suo insegnamento di vita, amore, giustizia, pace e fraternità”.
Il nuovo Beato: un uomo che non si accontentava mai
Questo l’insegnamento che padre Tiburcio offre all’uomo di oggi, secondo il prefetto, lui che dopo 12 anni di ministero diocesano volle entrare nella Compagnia di Gesù perché sentiva, insopprimibile dentro di sé, il desiderio di un crescente dono di se tesso agli altri, l’esigenza di riaffermare la propria santità sacerdotale attraverso un cammino che in quanto orientato verso i più deboli, non poté che essere luminoso ed eroico. “Questa assunzione di responsabilità e questa maturità di fede – conclude il card. Becciu – e questo stile di presenza sacerdotale e cristiana nel mondo sono necessarie anche nella società di oggi”.
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