"Followers contro", come distinguere il falso dalla verità nell’universo dei social
Marina Tomarro - Città del Vaticano
Un libro che vuole essere sia teorico che pratico, mostrando in azione il disordine informativo con l’aiuto di un caso concreto ed emblematico via Twitter, di cui si forniscono tutte le coordinate di analisi. Parte da qui il testo “Followers contro, Twitter scompiglia la Chiesa”, scritto da Fabrizio Mastrofini, responsabile ufficio stampa della Pontificia Accademia per la Vita. “Questo libro – spiega l’autore – nasce proprio dalla mia esperienza di responsabile della comunicazione della Pontificia Accademia per la Vita, dove spesso è capitato di dover mediare una diatriba che si è svolta attraverso i canali social, con forti critiche ad alcune posizioni dell’Accademia che non sempre sono capite e lette nella loro integrità. Da qui la necessità di approfondire i diversi aspetti di questa problematica”.
I danni enormi del disordine informativo
Questi attacchi sono poi quelli che creano il così detto disordine informativo, che mira al cuore dell’informazione, diventando una precisa strategia che diffonde informazioni false, scredita persone con ruoli pubblici, enti e istituzioni anche di governo, fino al punto di moltiplicare e ripetere notizie fasulle attraverso i canali social, e non far riuscire a distinguere il falso dal vero e dal verosimile. “Nel libro – continua a spiegare Mastrofini – io sottolineo che abbiamo bisogno di strumenti teorici nuovi per difenderci. Il disordine informativo è una categoria, cioè non è solo la semplice disinformazione o la diffusione di fake news, ma spesso si tratta di una strategia orchestrata per diffondere notizie false in modo da colpire la credibilità delle istituzioni o delle persone, e generare in questo modo una sfiducia di fondo verso ogni cosa che poi viene fatta. Questi attacchi spesso sono creati da gruppi che hanno interessi economici e finanziari alle spalle, perché si tratta di gente che si organizza attraverso tecniche anche molto sofisticate. L’unico modo di difendersi al momento è quello di fare rete tra enti e persone e cercare di tutelarsi da tutto ciò”.
Educare a cercare la verità oltre le fake
E molto spesso il disordine informativo trova la sua forte fomentazione proprio nelle fake news: “Diciamo che si poggiano l’uno sull’altro – sottolinea l’autore –, infatti le fake news sono un pezzo del disordine informativo in quanto non è solo la divulgazione di una notizia falsa o anche verosimile, ma conta molto su tutte quelle persone che ci credono e a volte la condividono, andando quindi a moltiplicare la diffusione di quella fake news. Questo ha come obiettivo l’attacco a quella persona o a quell’ente sempre con lo scopo di screditare il più possibile e colpire la credibilità”. Diventa quindi fondamentale educare a riacquistare una interpretazione delle notizie consapevole e responsabile “In questo caso ci deve essere un’alleanza tra istituzioni diverse – continua Mastrofini – La scuola in primis ha un ruolo fondamentale nell’educare a riconoscere le notizie vere da quelle fake, ma a livello ecclesiale noi abbiamo lo stesso compito, perché dobbiamo impegnarci affinchè la comunicazione arrivi a livello capillare fino alle parrocchie e fare così un’azione di contrasto. E poi far conoscere le nostre attività, perché ad esempio quando criticano la Pontificia Accademia per la Vita, nessuno si rivolge direttamente a noi per chiedere la nostra opinione: si ripetono notizie per sentito dire, quindi ci vuole l’impegno di tutti perché questo non accada”
Ruffini: la responsabilità di usare i social per andare verso il bene
Alla presentazione ha partecipato anche il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini. “Sul web spesso abbondano informazioni lacunose e incomplete, per questo c’è bisogno di regole, che però non vadano ad interferire con la libertà. – ha spiegato – Infatti se da un verso l’era digitale ci porta di fronte a dei progressi impensabili fino a pochi anni fa, dall’altro ci porta indietro nel diritto di replicare o di non pensarla allo stesso modo. Questa è una sfida per ognuno di noi, che non si risolve pensando solo a soluzioni dall’alto con regole legislative o deontologiche per i professionisti, ma dobbiamo avere la consapevolezza che così viviamo male. Sono infatti situazioni che riguardano tutti, perché oggi soprattutto sui social non è necessario essere giornalista per diffondere una notizia falsa, bisognerebbe, quindi che tutti fossimo convinti della necessità di un’etica della responsabilità”. Perciò diventano necessarie delle norme che sappiano garantire insieme la libertà e la responsabilità perché potrebbe esserci anche il rischio che si arrivi magari con le migliori intenzioni a delle regole che mettano a rischio la libertà di espressione. “Ci vuole molta più etica nel mondo digitale e negli algoritmi, come anche nell’intelligenza artificiale - ha sottolineato il prefetto – perché questa nuova forma di comunicazione che abbiamo creato ha sicuramente tantissimi vantaggi, ma sta a noi decidere di usare questi mezzi portandoli verso il bene e non il male”
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