Gallagher ai vescovi del Camerun: siate segni di speranza tra crisi e violenze
Isabella Piro – Città del Vaticano
Il Camerun “è sempre stato considerato una terra di speranza”: monsignor Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, parte da questa sottolineatura nel suo lungo discorso rivolto ieri pomeriggio ai membri della Conferenza episcopale camerunense, incontrati a Mvolyé-Yaoundé. Ai presuli, monsignor Gallagher porta il saluto e la benedizione di Papa Francesco, nonché l’incoraggiamento per la missione evangelizzatrice e per una Chiesa sinodale.
Giunto il 14 novembre nel Paese africano, monsignor Gallagher vi resterà fino a lunedì prossimo, 18 novembre. L’occasione della visita è il decimo anniversario della firma dell’Accordo-Quadro tra la Santa Sede e il Camerun, datato 13 gennaio 2014. Un accordo, afferma il rappresentante vaticano, che raffigura “uno strumento di capitale importanza” per consolidare i legami tra la Chiesa e lo Stato locali “a favore dello sviluppo integrale di tutti i camerunensi”, nonché “a favore della pace e della prosperità comune”.
Costruire ponti per arrivare fino alle periferie esistenziali
Rivolgendosi alla Conferenza episcopale in francese e in inglese, dunque, monsignor Gallagher ribadisce “la necessità di costruire ponti che permettano di unire e non muri di separazione, perché siamo tutti fratelli”. Di qui, il richiamo alla speranza, manifestata anche dal “dinamismo della Chiesa” camerunense, all’interno della quale, nel corso del tempo, sono cresciute in modo esponenziale le parrocchie, le istituzioni cattoliche educative e sanitarie, le strutture socio-caritative, nonché le vocazioni religiose e sacerdotali. Un esempio concreto, afferma il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali, di quella “pastorale sociale” portata avanti con grande sforzo dalla Chiesa di Yaoundé, per “rispondere sempre meglio ai bisogni delle persone”, indipendentemente dalla loro provenienza o religione. Una Chiesa, insomma, che “arriva alle periferie esistenziali dell’umanità per offrire a tutti la vita di Gesù Cristo”.
Di fronte alle violenze, operare uniti per la giustizia e la pace
Al contempo, monsignor Gallagher mette in luce la grave crisi e le forti violenze, dovute anche a Boko Haram, che da anni attanagliano il Paese africano. In particolare, l'arcivescovo cita quanto riferito dai presuli della Provincia ecclesiastica di Bamenda che, recentemente, hanno denunciato l’insicurezza e l’ingiustizia prevalente nella regione, parlando di casi di tortura, estorsione, sfollamenti forzati e perdite di vite umane e di beni materiali. Di fronte a tale drammatica situazione, ricorda il rappresentante della Santa Sede, “l’unica risposta valida è il Vangelo”, capace di convertire i cuori e di costruire la famiglia umana “in unità, giustizia e pace”.
Far sentire la voce della Chiesa tra le sfide del nostro tempo
La riconciliazione è anche la missione della Chiesa, aggiunge l'arcivescovo, esortando i presuli camerunensi a “non esitare a far sentire la voce della Chiesa nel Paese”, esercitando gli incarichi pastorali “in una dimensione profetica”. “Sapete quanto potete essere segno di consolazione e di speranza non solo per i vostri fedeli, ma anche per i vostri connazionali in generale”, ribadisce monsignor Gallagher ai membri della Conferenza episcopale, invitandoli a dire “con una sola voce e con la forza del Vangelo, parole forti e senza tentennamenti” per illuminare il Paese “nei momenti difficili”. Di qui, il richiamo alla “unità nella diversità”, perché solo così i vescovi camerunensi riusciranno ad affrontare “le numerose sfide pastorali che presentano la società e la cultura moderna”, tra cui “il fenomeno migratorio, la corruzione e l’ingiustizia”.
Il rispetto della libertà religiosa
Un paragrafo del suo lungo discorso monsignor Gallagher lo dedica al tema della libertà religiosa: esprimendo apprezzamento per “i rapporti di cordialità e di corresponsabilità nel rispetto reciproco” esistenti tra la Chiesa e lo Stato del Paese africano, il rappresentante della Santa Sede ricorda la Dottrina sociale e afferma che “il dovere di rispettare la libertà religiosa richiede che la comunità politica garantisca alla Chiesa il necessario spazio di azione”. “La Chiesa in Camerun – aggiunge – non può essere considerata come una organizzazione non governativa, né come una qualsiasi associazione, ma piuttosto come un partner dello Stato”, nel rispetto delle rispettive autonomie. In quest’ottica, il segretario per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali esorta la Conferenza episcopale a “inserirsi a pieno titolo nel dialogo sociale e politico e a confrontarsi senza esitazione con le autorità pubbliche” per far conoscere loro “la realtà sociale dell’insegnamento della Chiesa”.
Il coraggio e la speranza
Infine, in vista dell’imminente Giubileo, monsignor Gallagher invita i presuli del Camerun a “mantenere viva la fiamma della speranza", perseguendo con coraggio la missione al servizio della Chiesa e della società, e annunciando il Vangelo.
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