Camerun, l’ospedale di Ngaoundal: sopravviviamo a crisi economica e ai guaritori
Francesca Sabatinelli - Ngaoundal
“La vera povertà in questo Paese spesso è l’ignoranza dei genitori”. Infermieri e medici lo sussurrano attraversando il patio sul quale affacciano reparti e ambulatori. I colori della terra sono dominanti in questa costruzione bassa, dai tanti corridoi esterni divisi da giardini in fiore. La tenerezza del personale ospedaliero verso i bambini ricoverati è quasi disarmante, e il loro rimprovero verso padri e madri non è una accusa, quanto piuttosto una dolorosa constatazione: che nel Camerun odierno si muore ancora perché si ricorre allo stregone anziché agli ospedali. Nel nosocomio di Ngaoundal, in Camerun, nella provincia di Adamawa, nel centro del Paese, uno dei principali impegni è proprio quello di salvare le vite strappandole alle mani dei guaritori.
Malaria, tubercolosi e malnutrizione
Aperto nel 2016 dalle suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, l’ospedale è punto di riferimento sanitario per circa 95mila persone, senza distinzione di razza, di etnia o di religione, particolarmente concentrato sulla lotta alla tubercolosi qui molto presente. “La malattia più diffusa e ricorrente - a spiegarlo è la svizzera Suor Christine Richard, direttrice dell’ospedale - è la malaria, riscontriamo anche molte patologie respiratorie, e un numero crescente di casi di tubercolosi. Da qualche mese stiamo facendo una ricerca attiva sui casi di tubercolosi extrapolmonare, che non riscontriamo nei Paesi europei, ma che qui è frequente, probabilmente a seguito del consumo di latte non pastorizzato”. Altra grande protagonista è la malnutrizione. “Ci sono bambini che arrivano qui con gli edemi, segno della mancanza di apporto proteico”, causato dalla grave indigenza in cui versano le famiglie di questo spicchio di mondo, ma dovuto anche, in alcuni casi, alla poligamia, in questa parte del Paese non rara, poiché la popolazione è a maggioranza musulmana. “Se non c’è l’intesa tra le mogli, o se il marito ne preferisce una all’altra - spiega la religiosa - le risorse economiche non vengono distribuite equamente e spesso sono i più piccoli a patirne”. La povertà è in assoluto la piaga più drammatica, a Ngaoundal come in tutto il Camerun. E i problemi economici affliggono anche l’ospedale, che dispensa cure a chiunque, pur non avendo un ritorno economico. Se da una parte i malati sono troppo poveri per pagare le prestazioni, dall’altra il governo non assolve ai suoi impegni e risulta a tutt’oggi debitore per una cifra decisamente importante. “Non riceviamo i nostri rimborsi da 11 mesi, e il governo è in debito dell’equivalente di circa 46mila euro”, spiega suor Christine.
Gli occhi dei bambini
Lo sguardo dei bambini è penetrante, ma anche spaventato, restano in silenzio, anche i più piccoli, i grandi occhi scuri aperti sul mondo, nonostante l’ago cannula infilato nel braccino, nonostante per molti di loro sia difficile persino deambulare, vinti dalla debolezza dovuta alla denutrizione e alle malattie. Accanto a loro, presenza discreta, c’è sempre il personale sanitario, medici e infermieri, laici e religiose, che con grazia e delicatezza, carezze e sorrisi, e anche tanta compassione, si prodigano per pazienti e famiglie perché non c’è una mamma che non resti accanto al proprio piccolo, giorno e notte, provvedendo lei stessa al cibo, che viene preparato nella struttura creata dall’ospedale stesso. “Una delle ragioni per le quali come ospedale non offriamo cibo ai malati - prosegue Christine - oltre al fatto che costerebbe troppo, è perché la popolazione, che qui è soprattutto musulmana, non accetta di mangiare ciò che non è stato preparato da loro stessi”. L’affluenza resta il grande dramma di questo luogo che offre qualunque tipo di supporto, compresi uno spazio dedicato all’oftalmologia, un servizio odontoiatrico, uno di radiologia, un laboratorio di analisi, e macchinari all’avanguardia. Due i blocchi operatori, uno dei quali, quello per le emergenze, è in funzione 24 ore su 24.
Il supporto dei benefattori
L’ospedale, prosegue suor Christine, “non è sufficientemente conosciuto perché le persone ne approfittino davvero”. Nel 2023 la media dell’affluenza è stata pari al 33% della capacità annua della struttura, il che, spiega la religiosa “è troppo poco per permetterci di vivere serenamente”. La povertà, ma anche la piaga dei guaritori, fanno sì che l’ospedale diventi l’approdo quando ormai è troppo tardi per la sopravvivenza, spesso, inoltre, dopo aver speso i soldi per gli stregoni, i malati non ne hanno più per pagare la retta. Lo sguardo di Christine non nasconde la preoccupazione, che viene però illuminata dalla gratitudine. “Il nostro ospedale è stato costruito grazie all’aiuto di diversi benefattori - conclude - e tra loro c’è il Gruppo India, senza il quale non avremo potuto acquistare alcuni macchinari, così come non avremmo potuto costruire alcuni edifici e il pozzo, che ci permette di rispondere ad un’altra importante urgenza, il drammatico bisogno di acqua”.
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