L'incontro oggi tra Francesco e don Carron, presidente di CL
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Udienza stamattina di Papa Francesco con il presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione, una delle realtà ecclesiali post conciliari più diffuse in Italia e nel mondo. Dopo don Luigi Giussani, fondatore di CL negli anni '60, a guidare la Fraternità dal 2005, è il sacerdote e teologo spagnolo, don Julian Carron. Al termine dell'incontro, don Carrón ci racconta com'è andato il colloquio con il Papa e quali sono stati i temi di cui hanno parlato insieme:
R. – Era semplicemente un desiderio che avevo: quello di poter condividere con il Papa i passaggi ed il cammino che abbiamo fatto dopo l’udienza che abbiamo avuto con lui in piazza San Pietro; con alcuni suggerimenti per la nostra strada, insieme con quella lettera sulla povertà che ci aveva mandato; e quali passi ci siamo impegnati a fare nella sua sequela con tante iniziative che abbiamo preso in questo senso. È stata semplicemente una condivisione di questi punti, oltre al Sinodo dei giovani che ci sta molto a cuore, perché è una nostra preoccupazione, così come ho visto che è una preoccupazione del Papa: il desiderio di ascoltare i giovani e di essere veramente disponibili ad un dialogo a tutto campo con loro.
D. – Il Papa vi ha chiesto, raccomandato qualche cosa come Fraternità di Comunione e Liberazione?
R. – No, mi ha semplicemente ringraziato per tutto quello che gli ho raccontato riguardo le iniziative di risposta ai bisogni dei migranti o ancora all’accompagnamento dei ragazzi, e la nostra preoccupazione per quanto riguarda l’educazione dei giovani. Ci ha incoraggiato a continuare con il nostro impegno, perché lui lo ritiene molto importante in questo momento particolare in cui i giovani vivono in una “società liquida”, affinché possano trovare dei punti di riferimento che li accompagnino nel loro cammino.
D. – Qual è il contributo che il magistero di Papa Francesco sta dando a Comunione e Liberazione? Si sa che anche i movimenti e le associazioni nella Chiesa 'risentono' di tutto ciò che avviene nella Chiesa universale, e quindi anche degli indirizzi che il Papa offre…
R. – Mi sembra che il più grande contributo è quello di renderci consapevoli di questo cambiamento d’epoca, che lancia una sfida a tutti noi: quella di vedere le modalità concrete con cui la Chiesa si pone oggi di fronte al mondo e alle sfide che ci riguardano tutti. Tutto ciò con la sua spinta costante ad uscire e ad entrare in rapporto con gli altri, e portare questo sguardo pieno di tenerezza e di misericordia, che ci ha portato Cristo nella storia, e prendersi cura dei bisogni degli uomini. E questo noi lo sentiamo come qualcosa di particolarmente significativo anche per noi, dal momento che è ciò rientra anche nel nostro Dna.
D. – Prima accennava all’accoglienza e ai giovani: vuole dirci solo qualche titolo delle frontiere su cui voi siete particolarmente impegnati oggi?
R. – Il nostro impegno è prima di tutto con i giovani, perché noi riteniamo che questa sia una frontiera fondamentale per tutti. E quindi è dove ciascuno di noi e tutta la Chiesa verifica se la proposta che il cristianesimo fa all’uomo moderno, si fa spazio nel cuore dei giovani, e si fa spazio quando è proposta e trovata come una esperienza che c’entra con la vita, i bisogni, la solitudine e i disagi che loro portano. Questa è per noi una verifica della fede. L’altro fronte è tutto il grande mare di bisogno della società adesso: noi vogliamo veramente rispondere a questo con tante iniziative: dal Banco alimentare fino all’accompagnare, per esempio, i ragazzi che hanno delle difficoltà con lo studio o ancora i carcerati, e le persone che vivono nelle grandi città dell’America Latina e hanno grandi bisogni. Possiamo mettere lì un piccolo seme e questa novità cristiana per noi è fondamentale.
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