Nei testi della Via Crucis al Colosseo l'interiorità dei giovani d'oggi
Tiziana Campisi - Città del Vaticano
“Ti vedo Gesù” … coronato di spine, schiacciato sotto il peso della croce, mentre cadi per la terza volta, spogliato di tutto. È il loro incontro personale con Cristo che i giovani liceali e universitari autori delle meditazioni della Via Crucis del Venerdì Santo al Colosseo, coordinati dal prof. Andrea Monda, raccontano nelle 14 stazioni. Come testimoni oculari, in quella Gerusalemme di oltre duemila anni fa, Valerio, Maria, Margherita, Agnese, Chiara, Francesco, Greta e gli altri descrivono nei particolari i passi di Gesù verso il Calvario, ciascuno accanto a Lui nei diversi momenti della Passione. E lo fanno con la schiettezza della loro età, in un colloquio a tu per tu con Cristo e guardando, poi, la propria interiorità, interrogandosi come parte di quell’umanità che Gesù lo ha condannato, deriso, umiliato, rifiutato.
Le 14 stazioni proiettate nei giorni nostri
I ragazzi del prof. Monda hanno pensato alle stazioni come esperienze vissute da proiettare nell’oggi. E così, Gesù che accetta la croce è colui dal quale bisogna imparare a portare a termine ogni singola cosa. “Quante volte mi sono ribellata e arrabbiata contro gli incarichi che ho ricevuto, che ho avvertito come pesanti o ingiusti. Tu non fai così – scrivono Maria Tagliaferri e Agnese Brunetti, le due autrici della seconda stazione rivolgendosi a Cristo - sei docile, e prendi sul serio quello che la vita ti offre”. Mentre Gesù che cade per la prima volta, nella terza stazione, se da una parte fa riflettere sull’umiliazione subita da Cristo, dall’altra aiuta a comprendere che è sempre possibile rialzarsi, pur se la fede vacilla o se le proprie idee crollano, “i fallimenti e le cadute non devono mai arrestare il nostro cammino”, “abbiamo sempre una scelta: arrenderci o rialzarci” con Cristo. L’episodio di Simone di Cirene è invece l’esempio di un “incontro inaspettato” dove si nasconde “l’opportunità di amare, di riconoscere il meglio nel prossimo, anche quando ci sembra diverso”.
Nelle meditazioni l’interiorità dei giovani autori
Offrono una lettura intimistica le meditazioni di quest’anno, e mostrano la capacità dei giovani d’oggi di guardarsi dentro, di mettersi in discussione, di interrogarsi sull’esempio di Gesù, tanto che nella preghiera della settima stazione si legge: “Fa’ che noi giovani possiamo portare a tutti il tuo messaggio di umiltà e che le generazioni future aprano gli occhi verso di te e sappiano comprendere il tuo amore”.
E hanno voglia di ascoltare le nuove generazioni, e le parole di Gesù alle donne di Gerusalemme vengono colte nel loro significato più profondo. Il commento all’ottava stazione le definisce “parole concrete e dirette” che “a primo impatto possono apparire dure e severe perché schiette” mentre oggi “siamo abituati ad un mondo fatto di giri di parole, una fredda ipocrisia vela e filtra ciò che vogliamo realmente dire; gli ammonimenti si evitano sempre di più, si preferisce lasciare l’altro al proprio destino, non curandosi di sollecitarlo per il suo bene”. Mentre Gesù parla “alle donne come un padre, anche rimproverandole”; le sue parole “sono parole di verità e arrivano immediate con il solo scopo della correzione, non del giudizio.
Come Cristo oggi soffrono i migranti
Nei patimenti di Cristo, i giovani scelti dal prof. Monda intravedono anche le sofferenze dell’uomo contemporaneo, e Gesù spogliato delle vesti è come “un giovane migrante, corpo distrutto che arriva in una terra troppo spesso crudele, pronta a togliergli la veste, unico suo bene, e a venderla; a lasciarlo così con la sua sola croce, come la tua, con la sua sola pelle martoriata, come la tua, con i suoi soli occhi grandi di dolore, come i tuoi. Ma c’è qualcosa che gli uomini spesso dimenticano riguardo alla dignità – aggiunge Greta Giglio, autrice della decima stazione – essa si trova sotto la tua pelle, è parte di te e sarà sempre con te, e ancor di più in questo momento, in questa nudità”. E toccante è la riflessione finale sull’episodio evangelico di Cristo privato della sua tunica: “Ti vedo e comprendo la grandezza e lo splendore della tua dignità, della dignità di ogni uomo, che nessuno potrà mai cancellare”.
Gesù nell’era di internet
Nelle meditazioni di questa Via Crucis c’è anche la vita quotidiana dei giovani, ogni cosa che Gesù ha fatto è un insegnamento per i tempi moderni. Cristo ha avuto “la forza di sopportare il peso di una croce, di non essere creduto, di essere condannato” per le sue “parole scomode … Oggi non riusciamo a digerire una critica, come se ogni parola fosse pronunciata per ferirci” osserva Greta Sandri, che ha commentato l’undicesima stazione. Gesù inchiodato alla croce non si è fermato “neanche di fronte alla morte”, ha creduto profondamente nella sua missione e si è fidato del Padre. “Oggi, nel mondo di Internet, siamo così condizionati da tutto ciò che circola in rete che a volte dubito anche delle mie parole – confessa l’autrice della meditazione –. Ma le tue parole sono diverse, sono forti nella tua debolezza. Tu ci hai perdonato, non hai portato rancore ... Mi guardo intorno e vedo occhi fissi sullo schermo del telefono, impegnati sui social network ad inchiodare ogni errore degli altri senza possibilità di perdono. Uomini che, in preda all’ira, urlano di odiarsi per i motivi più futili”. Quale rimedio allora a tutto questo? L’accostarsi a Cristo spogliandosi di tutto.
Dio nelle profondità di ogni uomo
E poi la morte. Gesù che muore suscita smarrimento, perché d’istinto fuggiamo “di fronte alla morte e alla sofferenza, le rifiutiamo, preferiamo guardare altrove o chiudere gli occhi”. “Invece tu resti lì in croce – commenta Dante Monda, autore della dodicesima stazione, rivolto a Cristo – ci aspetti a braccia aperte, aprendoci gli occhi. È un mistero grande, Gesù: ci ami morendo, essendo abbandonato, donando il tuo spirito, compiendo la volontà del Padre, ritirandoti. Tu resti in croce, e basta – prosegue la meditazione –. Non provi a spiegare il mistero della morte, del consumarsi di tutte le cose, fai di più: lo attraversi con tutto il tuo corpo e il tuo spirito”.
E se pure il mistero della morte “continua ad interrogarci e ad inquietarci”, “ci sfida, ci invita ad aprire gli occhi, a saper vedere” l’amore di Dio “anche nella morte”. Infine davanti al sepolcro l’inevitabile domanda: “Dove te ne sei andato, Gesù?”. Non proprio negli inferi, ma nell’interiorità di ogni uomo, “nei nostri lacci sei preso, nella nostra stessa tristezza sei imprigionato”. Si, perché Gesù avvicina ogni uomo, ma viene soffocato da ansie e paure, così vorremmo “correre lontano”. “Ma dentro di me tu sei – conclude la quattordicesima stazione Marta Croppo, proprio come la pensava Sant’Agostino – non devo uscire a cercarti, perché alla mia porta tu bussi”.
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