Giornata schiavitù, il Papa: lavoriamo perchè nessuno renda schiavo un altro
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Ricorre oggi la Giornata internazionale per l'abolizione della schiavitù, istituita dall’Onu a ricordo del 2 dicembre 1949, data di approvazione della Convenzione sulla soppressione del traffico di persone e lo sfruttamento della prostituzione. Per questa occasione, Papa Francesco ha lanciato un tweet dal suo account @Pontifex in cui scrive:
Siamo chiamati, tutti insieme, a costruire una società rinnovata e orientata alla libertà, alla giustizia e alla pace, perché si superi ogni tipo di disuguaglianza e discriminazione, così che nessun uomo possa fare schiavo un altro uomo.
Un fenomeno in crescita
Le ultime cifre a disposizione, contenute nel Global Estimates of Modern Slavery sul lavoro forzato e sul matrimonio forzato, parlano di circa 50 milioni di persone ancora nel mondo ridotte in schiavitù, tra loro in maggioranza donne e minori. Un numero che appare in continua crescita.
Il messaggio del segretario generale dell'Onu
Il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres, nel messaggio per la Giornata odierna, ricorda che “l’eredità della tratta transatlantica degli africani ridotti in schiavitù si riverbera ancora oggi, lasciando una cicatrice sulle nostre società e impedendo uno sviluppo equo”, ma richiama poi l’attenzione sulle tante forme di schiavitù contemporanee, “come il traffico di esseri umani, lo sfruttamento sessuale, il lavoro minorile, i matrimoni forzati e l’uso di bambini nei conflitti armati”. Guterres sottolinea la particolare vulnerabilità delle donne e dei gruppi più emarginati come “le minoranze etniche, religiose e linguistiche, i migranti, i bambini e le persone con diversi orientamenti sessuali e identità di genere”. È necessario fare di più per sradicare un fenomeno così diffuso e l’appello del segretario generale va ai governi e alle società. “È necessario - scrive - adottare misure più incisive con la piena partecipazione di tutti i portatori d’interesse, inclusi il settore privato, i sindacati, la società civile e le istituzioni per i diritti umani. Esorto inoltre tutti i Paesi a proteggere e sostenere i diritti delle vittime e dei sopravvissuti alla schiavitù”.
Le parole di Papa Francesco
Non si contano le occasioni in cui Papa Francesco ha stigmatizzato il fenomeno della schiavitù. Ci sono più schiavi in questo tempo che nel passato, ha affermato nel maggio di quest’anno parlando ai religiosi dell’Ordine della Beata Vergine Maria della Mercede, fondato nel 1218 proprio con lo scopo di liberare i prigionieri cristiani fatti schiavi. E dei prigionieri di oggi Francesco ha detto: “Cambiano di geografia, cambiano di modalità, cambiano di colore, ma la schiavitù è una realtà che si adatta ogni volta di più. Oggi possiamo forse dire con sicurezza che ci sono più schiavi che ai tempi della vostra fondazione, certamente. Le nuove forme di schiavitù, quelle che sono dissimulate, quelle che non si conoscono, quelle che sono nascoste, ma ce ne sono tante. Anche nelle megalopoli come Roma, Londra, Parigi, ovunque, ci sono schiavitù che vanno avanti”.
Il silenzio di chi consuma i "servizi" dei nuovi schiavi
“La schiavitù non è qualcosa di altri tempi", ricordava ancora il Papa in un videomessaggio al secondo Forum internazionale sulla moderna schiavitù, organizzato a Buenos Aires, il 7 maggio 2018. È necessario, affermava, “squarciare il velo di indifferenza che copre la sorte” delle vittime, una “porzione di umanità che soffre, che sta soffrendo” e offrire loro opportunità di educazione e di lavoro. Parla di una vera e propria sfida che chiama in causa la Chiesa e le istituzioni, ma anche ciascuno di noi. “Davanti a questa tragica realtà, nessuno può lavarsi le mani se non vuole essere, in alcun modo, complice di questo crimine contro l’umanità”, sottolinea, riferendosi anche all’indifferenza di chi “non vuole parlare perché si trova lì dove finisce la ‘catena di consumo’, come consumatore dei ‘servizi’ che offrono uomini, donne e bambini divenuti schiavi”.
Il Messaggio del primo gennaio 2015
Ai molteplici volti della schiavitù di ieri e di oggi, Papa Francesco aveva dedicato il suo messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2015. "Malgrado la comunità internazionale abbia adottato numerosi accordi al fine di porre un termine alla schiavitù in tutte le sue forme e avviato diverse strategie per combattere questo fenomeno - si legge nel testo - , ancora oggi milioni di persone vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù”. Il Papa cita i tanti “lavoratori e lavoratrici, anche minori, asserviti nei diversi settori, dal lavoro domestico a quello agricolo, da quello nell’industria manifatturiera a quello minerario". I molti migranti “che, nel loro drammatico tragitto, soffrono la fame, vengono privati della libertà, spogliati dei loro beni o abusati fisicamente e sessualmente” e quelli “detenuti in condizioni a volte disumane”. E poi le “persone costrette a prostituirsi” e le donne obbligate a sposarsi contro la loro volontà. “Non posso - ha scritto ancora Francesco - non pensare a quanti, minori e adulti, sono fatti oggetto di traffico e di mercimonio per l’espianto di organi, per essere arruolati come soldati, per l’accattonaggio, per attività illegali come la produzione o vendita di stupefacenti, o per forme mascherate di adozione internazionale”. Occorre agire, sollecita Francesco, a tutti i livelli per sconfiggere questa piaga sociale.
Un pressante appello che non ha perso di attualità
Nel 2014, durante la cerimonia per la firma della dichiarazione contro la schiavitù da parte dei leader religiosi, il Pontefice ricordava che “malgrado i grandi sforzi di molti, la schiavitù moderna continua ad essere un flagello atroce che è presente, su larga scala”, in tutto il pianeta e concludeva: “Chiamiamo all’azione tutte le persone di fede, i leader, i governi, le imprese, tutti gli uomini e le donne di buona volontà, affinché diano il loro forte appoggio e si aggiungano al movimento contro la schiavitù moderna, in tutte le sue forme”.
Una sollecitazione che oggi non ha perso, purtroppo, di attualità e che è diventato ancora più urgente raccogliere.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui