Festa di San Giovanni Bosco. Mons. Nosiglia: il suo metodo accompagnerà il Sinodo dei giovani
Michele Raviart - Città del Vaticano
I 230 anni dalla morte di San Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani e ricordato ogni 31 gennaio come “padre e maestro dei giovani” arriva quest’anno a pochi mesi dal XV Sinodo ordinario a loro dedicato. “I due eventi sono collegati perché hanno al centro i giovani in quanto tali, al di là di come appaiono e come sono considerati”, spiega mons. Cesare Nosiglia, arcivescovo di Torino, città particolarmente devota al Santo piemontese. “Don Bosco diceva vi amo perché siete giovani, non perché siete bravi o intelligenti”, afferma il presule, “e lui li andava a cercare ovunque, cercava di costruire con loro un dialogo per dare loro la possibilità di ritrovare in sé stessi la forza di cambiare la loro vita, senza essere paternalista”. Il rischio, prosegue, è che a volte a livello di Chiesa partiamo sempre con quei giovani che frequentano l’oratorio e dimentichiamo la grande massa dei giovani che sono ai margini e che Don Bosco andava a cercare... come anche Papa Francesco con il suo magistero e con l’impatto che ha con loro quando li incontra”.
Parlare ai giovani mettendo al centro Gesù
“Don Bosco offre agli educatori e ai giovani stessi un metodo concreto per evangelizzare il mondo giovanile che è ancora valido e attuale oggi”, ha affermato il vescovo di Torino nell’omelia pronunciata nella basilica di Maria Ausiliatrice. Un modello di educazione vicino ai ragazzi, con Gesù sempre al centro. “I giovani hanno un estremo bisogno di sincerità e di chiarezza da parte degli educatori, che a volte invece per farsi accettare e farsi accogliere smorzano molto la radicalità del Vangelo e dell’annuncio del Signore”, dice mons. Nosiglia.
Atti di violenza da condannare, ma non dobbiamo lasciarli soli
Sui fenomeni di cronache e di violenza che in queste settimane hanno coinvolto minori in Italia, l’arcivescovo ribadisce la condanna a questi atteggiamenti: “Penso che siano una provocazione da parte dei giovani perché sono soli e si vedono un po’ scartati e emarginati dagli adulti che gli danno benefit ma non gli danno affetto. Dobbiamo recuperare una capacità di ascolto e di inserimento nella loro vita che li faccia rinsavire, ma che siano loro a conquistarsi questo rinsavimento”.
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