Niger. Ad Agadez, “porta del deserto”, aiuti Caritas ai migranti
Agadez è chiamata “la porta del deserto”. Dall’XI secolo fino ad oggi in questa regione del Niger – a 900 chilometri a nord della capitale Niamey e sulla strada che porta all’Algeria e alla Libia – si è sempre vissuto di commercio e scambi tra l’Africa sub-sahariana e il Maghreb. Ma anche di turismo, artigianato e di attività estrattive di uranio e carbone. Negli ultimi decenni la città di Agadez, decaduta la sua vocazione storico-turistica per l’instabilità e la mancanza di sicurezza della zona, è diventata il luogo preferito di transito di migranti irregolari prima nel deserto e poi sulla rotta del Mediterraneo centrale verso l’Europa, nelle mani dei trafficanti di esseri umani.
100 milioni di euro dell’Ue sono insufficienti per bloccare le migrazioni
Il Niger è uno dei Paesi strategici ai quali l’Unione Europea sta cercando di affidare il blocco dei migranti: circa 100 milioni di euro per tutta la regione di Agadez. Che però, secondo le autorità locali, sono spiccioli insufficienti rispetto ai 6 miliardi di euro dati alla Turchia o ai tanti soldi che l’Italia sta dando alla Libia con la firma del Memorandum di intesa, chiedendo alla guardia costiera libica di fermare i migranti. Ad Agadez per anni i giovani del posto vivevano del trasporto di migranti verso nord. Ora non più o molto meno. Da un paio di anni, su richiesta della Ue, il Niger ha adottato una legge che rende illegale questa attività. Peggiorando la già cronica disoccupazione giovanile e senza fornire alternative. In più gli accordi tra Europa e Africa mirano a incrementare i rimpatri e i respingimenti verso i Paesi di provenienza dei migranti.
Ad Agadez ammassati a migliaia nei ghetti
Il Niger è quindi una tappa obbligata per chi parte, chi transita e per chi è costretto a tornare. Ad Agadez ammassati a migliaia nei ghetti. Passano dal Niger provenendo dal Camerun, dalla Costa d’Avorio, dalla Nigeria, dal Mali, dal Benin, dalla Sierra Leone, dal Senegal. Tanti migranti sono nigerini. Tra loro anche molte donne e bambini.“Quando si chiede loro perché migrano – rileva un report di Caritas Niger – la maggior parte risponde: la vita sarà più facile e ci saranno posti di lavoro a destinazione”. Chi ha scelto di tentare la sorte ad ogni costo, spesso non sapendo a quali orrori sarà destinato in Libia e a quali rischi in mare, sperimenta già ad Agadez le prime sofferenze e la dura vita del migrante: a migliaia ammassati in ghetti luridi alla periferia della città, prima di trovare un passaggio per attraversare il deserto del Téneré.
Caritas Niger: un progetto per aiutare i migranti in transito
In questo scenario si colloca il progetto d’assistenza e accompagnamento dei migranti di Caritas Niger, finanziato con 342.906 euro in tre anni dall’8 per mille Cei nell’ambito della Campagna “Liberi di partire, liberi di restare”. “Non si può restare indifferenti alla situazione di degrado fisico e perdita di dignità che subiscono i migranti”, spiegano i responsabili di Caritas Niger. Dal 2013 ad oggi la pastorale per il migranti della minuscola Chiesa cattolica in Niger (22.000 cattolici su 14 milioni di abitanti) ha già assistito 2.000 migranti, attraverso la fornitura di cibo, kit igienici, abiti, coperte, schede telefoniche, alloggio temporaneo, assistenza sanitaria, sostegno ai detenuti. “Le loro condizioni di vita in città sono precarie e penose – raccontano -: i migranti si lanciano in una avventura spesso fatale a molti di loro. Sono esposti ai pericoli dei trafficanti o a banditi che li rapiscono a scopo di lucro lungo il percorso o li sottopongono ad abusi fisici o sessuali”.
Le linee del progetto Caritas
Tra gli scopi del progetto: dare informazioni ai migranti in transito e alla popolazione sui rischi del viaggio, fornire assistenza alle persone respinte alle frontiere d’Europa o rimpatriate da Libia e Algeria e realizzare due centri di accoglienza a Niamey e Agadez. Sono previsti corsi di formazione per le forze dell’ordine e la polizia di frontiera, per una ventina di operatori che lavoreranno nei centri, contributi per le spese di viaggio per i rimpatri, sostegno psicologico, aiuti alimentari e sanitari.
(Agenzia Sir)
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