Siria. Card. Zenari: la pace qui è ancora lontana
Hélène Destombes e Adriana Masotti - Città del Vaticano
Non se ne parla quasi più, ma il conflitto che insanguina la Siria ormai da quasi sette anni, non è ancora finito. Numerosi i casi di violenza: due giorni fa colpi di mortaio hanno colpito a Damasco, la città vecchia e alcuni quartieri cristiani, provocando almeno otto morti all’interno della comunità cristiana e numerosi feriti. Fra questi una ragazza, due adolescenti e un bambino di tre anni. Colpiti diversi palazzi e luoghi di culto.
Le accuse a Damasco di far uso di armi chimiche
Intanto il governo siriano ha definito "false" le accuse mosse nei suoi confronti dai ministri degli Esteri francese e statunitense di aver usato armi chimiche negli scontri contro i miliziani ribelli. Ventiquattro nazioni, i cui rappresentanti si sono riuniti ieri a Parigi, hanno approvato una nuova "partnership contro l'impunità" sull'uso di armi chimiche nel Paese.
Il conflitto è ancora in corso
E prosegue l’offensiva turca contro i curdi: almeno 260 i militanti uccisi, feriti o catturati, nell'enclave curdo-siriana di Afrin dall'esercito turco e dalle milizie sue alleate a partire dall'inizio dell'operazione, giunta oggi al quinto giorno. Non conosce tregua inoltre la lotta contro gli uomini dell’Is: 150 i miliziani uccisi nel fine settimana scorsa, dalla coalizione a guida Usa mediante raid in una località occupata esclusivamente dal sedicente Stato Islamico nella contesa valle del Medio Eufrate.
L'appello del card. Zenari: ascoltare il grido della gente
In Siria la sofferenza della gente continua, conferma ai nostri microfoni il card. Mario Zenari, nunzio apostolico in Siria.
R. – Purtroppo, nel 2018 si sperava di vedere un arresto della violenza, un’uscita dal tunnel della guerra. E invece ci siamo trovati ancora di fronte a spargimenti di sangue, con aspri scontri. È vero che in certi posti e in certe regioni c’è un calo della violenza, però in altre parti continuano questi scontri violenti. Basti pensare ad alcune regioni, come quelle vicino a Damasco, nella zona rurale ad est della città. Basti pensare inoltre al nord-ovest della Siria, nella provincia di Idlib, dove continuano aspri combattimenti. E ancora al centro della Siria: ad Hama, con bombardamenti e scontri di vario genere, che causano morti, feriti e un gran numero di sfollati. Anche Damasco ha vissuto queste ultime settimane nella paura, perché sono caduti due giorni fa dei mortai su diversi quartieri, in particolare in quello cristiano. Questi ultimi hanno causato una dozzina di morti e una ventina di feriti, alcuni dei quali ragazzi e bambini che tornavano da scuola. I genitori cominciano ad avere paura a mandare i propri figli a scuola perché non sanno se torneranno vivi o saranno feriti… È un panico, una paura, che si è diffusa anche qui a Damasco da qualche settimana. Si parla di meno del conflitto siriano, anche se bisogna dire che la sofferenza per tanta gente continua ancora: questa è una triste realtà.
D. - Nuove discussioni organizzate dalle Nazioni Unite stanno per iniziare a Vienna e fra l’altro c’è la Russia che organizza per il 30 gennaio prossimo un congresso a Sochi… Qual è l’appello, il messaggio che desidera mandare ai partecipanti? Che possiamo aspettarci da questi incontri?
R. - Direi che ogni iniziativa, quella di Vienna, di Sochi, altre iniziative, sono da incoraggiare… Penso si possa arrivare ad arrestare questa violenza e a trovare una soluzione politica del conflitto. Io farei appello a quelli che hanno particolari responsabilità di ascoltare il grido di questi bambini che vanno a scuola con la paura dei genitori, che hanno paura quando mandano i bambini a scuola qui a Damasco… e poi sentire il grido di tanti altri, la sofferenza di tanti bambini … Molti di loro soffrono la fame, sono sotto i bombardamenti… In altre zone la gente, in decine di migliaia le persone sono ancora costrette a lasciare le proprie cose con il freddo dell’inverno… Vorrei dire di ascoltare questo grido di sofferenza e di paura.
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