Vescovi del Centrafrica: violenze ci fanno precipitare nell'abisso
“Qual è la speranza per il nostro Paese all'inizio di quest'anno?”: è quanto si chiedono i vescovi della Repubblica Centrafricana nel messaggio pubblicato al termine della loro Assemblea Plenaria. Una domanda legittima vista la drammatica situazione del Paese emersa nel corso dei lavori assembleari, conclusisi domenica scorsa. I vescovi tracciano un quadro drammatico delle condizioni di sicurezza, pur riconoscendo “gli sforzi di consolidamento della pace a livello nazionale con l’avvio del ristabilimento dell’autorità dello Stato, attraverso la nomina di prefetti e sotto-prefetti”.
Anarchia imposta dai gruppi armati
“Purtroppo - afferma il messaggio inviato all’Agenzia Fides - sul piano sociale, gli avvenimenti dolorosi verificatisi negli ultimi tempi in alcune prefetture come Haut-Mbomou, Mbomou, Haute-Kotto, Basse-Kotto, Ouaka, Nana-Gribizi, Ouham, Ouham-Pendé e Nana-Mambéré, ci portano a credere che il nostro Paese continui a sprofondare nell’abisso”. “I gruppi armati creano sempre anarchia e impongono le loro leggi a civili spossati che non sanno più da dove arriverà il loro aiuto. Nelle nostre diocesi siamo testimoni quotidiani di questa triste realtà e deploriamo il fatto che il nostro Paese sia sempre sotto la morsa della tracotanza e delle intrusioni delle milizie armate che non vogliono che la guerra si fermi”.
Massacri e stupri
“Le bande armate sono ancora impegnate in raid e massacri, stupri e taglieggiamento ai danni delle popolazioni civili. I villaggi sono vandalizzati e bruciati. Gli abitanti sono torturati e spudoratamente uccisi” denunciano i Vescovi.
I caschi blu dell’Onu facciano di più
In Centrafrica è presente da anni una missione di Caschi Blu dell’Onu, la Minusca, per aiutare le autorità locali a ristabilire le condizioni di sicurezza. Ma i vescovi lamentano “la lentezza e l’inazione di alcuni contingenti della Minusca nel mantenere la pace”, al punto che “le popolazioni locali desiderano ardentemente il dispiegamento delle forze di sicurezza centrafricane; purtroppo appena dispiegate, alcuni loro elementi si segnalano subito nel taglieggiare la popolazione”.
Futuro dei giovani sempre più incerto
L’insicurezza e il senso di abbandono dello Stato si traduce nella mancanza di strutture sanitarie ed educative. A farne le spese sono i giovani al punto che i vescovi affermano che “il futuro dei figli del nostro Paese è incerto e molto cupo”. “Le ragazze e i ragazzi sono esposti a ogni forma di violenza, compresi abusi sessuali di ogni sorta e l’arruolamento forzato nei gruppi armati”. Anche la Chiesa ha subito attacchi e persecuzioni. Tra queste “l’aggressione vigliacca e criminale di don Blaise Bissialo nella parrocchia del Cristo di Tokoyo a Bangassou e i tentativi d’intimidazione degli operatori pastorali”.
Appello a deporre le armi
La Conferenza Episcopale chiede alla comunità internazionale di “continuare ad accompagnare e a sostenere il processo di pace in Centrafrica” e alle Ong “di passare quando è possibile dalla fase emergenziale a quella del recupero e sviluppo”, mentre rivolge un pressante appello ai gruppi armati perché “in nome di Dio depongano le armi e pongano fine ai crimini e alle sofferenze dei nostri compatrioti, al saccheggio delle risorse naturali e alla disfunzione dello Stato”.
Rifiutare l’odio e promuovere unità e rispetto
Al popolo del Centrafrica infine, i vescovi ricordano “che la sicurezza è soprattutto un impegno e un atteggiamento personale, comunitario e nazionale attraverso parole, atti e comportamenti patriottici come il rifiuto dell’odio, il rispetto, l’unità, la dignità".
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