Dialogo interreligioso: “l’Albania può insegnare all’Europa”
Michele Raviart – Città del Vaticano
“Il dialogo non è un’aspirazione, ma un’esperienza quotidiana con le sue gioie e le sue sfide”, perché l’islam nella sua pluralità “costituisce altrettante sfide per i cristiani”. Così la Ccee, il Consiglio delle conferenze episcopali europee, commenta in un comunicato la conclusione del 5° incontro dei delegati nazionali per i rapporti con i musulmani, che si è chiuso ieri a Scutari in Albania. L’incontro, al quale hanno partecipato due esponenti della comunità musulmana - un imam sunnita e il leader dalla confraternita sufi Bektashi del Paese - “è stato molto bello e molto vivace”. Così lo descrive don Mark Shtjefni, portavoce della Conferenza episcopale albanese.
Albania esempio di tolleranza
Significativa la scelta dell’Albania, “un Paese che per 50 anni ha sofferto tantissimo per un’ideologia forte e violenta specialmente nei confronti delle comunità religiose” - spiega ancora don Shtjefni - e in cui la tolleranza tra cristiani e musulmani dopo la ritrovata libertà di culto alla caduta del regime, “ha delle possibilità e delle ricchezze da poter offrire a tutta l’Europa”. Una “mistica dell’incontro” che ha permesso ai partecipanti di ragionare sul rafforzamento dei contatti con la comunità musulmana anche a livello spirituale: “Bisogna far capire - continua don Shtjefni - che i valori umani esistono e su questi ci si deve appoggiare, perché questi valori rimandano alla luce vera”.
Card. Tauran: promuovere il rispetto anche nel linguaggio
Il cardinale Jean Louis-Tauran, prefetto del Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso, ha inviato ai partecipanti un messaggio in cui ha invitato “cristiani e musulmani a promuovere il rispetto reciproco, l’obiettività nel parlare e nello scrivere sull’altra religione, la benevolenza, la compassione e la misericordia”. “Si cammina insieme, ognuno portando avanti il proprio modo di credere e di celebrare il proprio credo” - dice don Shtjefni - che ha partecipato ai tre giorni dei lavori. “L’importante è avere chiari i concetti. Portare avanti ciò che ci unisce, per poi essere chiari e usare un linguaggio chiaro, specialmente quando si tratta di non offendere l’altro e di non giudicare l’altro”.
L’esperienza delle coppie miste cristiano-musulmane
Tra gli ambiti pastorali approfonditi: il catecumenato per chi proviene dall’islam e ha chiesto il battesimo, percorsi spirituali comuni e l’accompagnamento per le coppie miste tra cristiani e musulmani, molto frequenti anche in Albania. Sono esperienze che “possono portare frutti di apertura”, conclude don Shtjefni. “L’altro nella sua totalità non è per me un impedimento per poter andare avanti e cercare la luce. L’altro nella sua totalità è un fratello, non ci si divide, ma si entra nel dialogo”.
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