Card. Parolin: Sant’Egidio, passione e compassione oltre i muri invisibili
Barbara Castelli – Città del Vaticano
“Non vi siete fermati di fronte al muro di quello che poteva apparire impossibile”, convinti che “l’amore di Dio non si ferma e non recede di fronte all’abisso che divide dai nemici, dai lebbrosi, dai poveri”. Sono parole di gratitudine e riconoscenza quelle che il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, rivolge ai membri della grande famiglia di Sant'Egidio. Nella liturgia eucaristica di ringraziamento al Signore per i 50 anni di fondazione, celebrata nella Basilica di San Giovanni in Laterano, il porporato riflette sul carisma e sulle opere della Comunità. A partire dal Vangelo di Marco per la sesta domenica del tempo ordinario, che narra l’incontro tra Gesù e il lebbroso a Cafarnao, il segretario di Stato ricorda che le radici del movimento internazionale di laici affondano nell’intenzione di “liberare dalla segregazione e dalla solitudine, inserendo nel circuito della vita”.
Oltre i muri invisibili e gli abissi dell’indifferenza
Alla presenza, tra gli altri, del fondatore Andrea Riccardi e del presidente Marco Impagliazzo, così come dell’arcivescovo vicario di Roma, Angelo De Donatis, il cardinale Pietro Parolin ripercorre, nell’omelia, le tappe del cammino compiuto da Sant’Egidio in questi ultimi 50 anni, dai primi passi mossi nelle borgate romane, fino a quelli che hanno raggiunto l’Europa, l’Africa, l’Asia e le Americhe. Il desiderio di mettersi al servizio degli esclusi ha permesso alla Comunità di Sant'Egidio di scrivere migliaia di storie di “liberazione dalla ‘lebbra’ dell’esclusione”, nutrendo amorevolmente “folle di affamati di dignità e solidarietà”.
Non si è costretti a essere ostaggi della violenza
La Comunità di Sant'Egidio non ha raccontato solo storie di riscatto dalla povertà e dalla malattia, ma ha anche ostinatamente creduto che “la pace è possibile, che un popolo non è mai condannato a essere ostaggio della violenza” e dei conflitti. Per questo, insiste il segretario di Stato, “vi siete impegnati nell’avvicinare chi si combatte o si odia” e “vi siete fatti attenti ai feriti della guerra e della miseria: rifugiati ed emigrati”, grazie “ai corridoi umanitari per i profughi dalla Siria e dal Corno d’Africa”.
Nessuno è escluso davanti a Dio
“Non smettere di tornare alla Parola di Dio” è la raccomandazione che il porporato rivolge a tutti, soprattutto perché “la compassione e la passione non sono disgiunte dalla pazienza, che è capacità di lavorare nella fede e nell’attesa”. Un tratto peculiare di Sant’Egidio, che opera per costruire “il miracolo di un incontro senza confini, nelle varie periferie del mondo”, per ricomporre “la famiglia umana oltre le sue lacerazioni”, per “tessere legami di fraternità fra cristiani e credenti di varie religioni”, secondo lo “spirito di Assisi”. Ancora oggi, conclude il cardinale Pietro Parolin, “il mondo globale ha bisogno” di questa realtà “radicata nel locale, ma anche capace di abitare la dimensione globale con fraternità”.
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