Il Custode di Terra Santa: noi non lavoriamo per profitto
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
"Non abbiamo nessuna intenzione di litigare con lo Stato di Israele, abbiamo ottime relazioni e in tutte le occasioni cerchiamo di collaborare" ma "ci sono state alcune azioni che vanno a ledere i nostri diritti". "Se ci sono possibilità di ritrovarci attorno ad un tavolo e discutere seriamente, saremo molto felici di poterlo fare insieme. Non come singole comunità, ma insieme come comunità cristiane coinvolte". Così apre l'intervista padre Francesco Patton, Custode di Terra Santa, a cui abbiamo chiesto un commento sulla decisione delle tre Chiese - ortodossa, armena e cattolica - di chiudere il Santo Sepolcro di Gerusalemme: "il Santuario più importante della cristianità".
I due nodi da sciogliere
"Sono due i problemi da risolvere", rimarca padre Patton. "La questione del pagamento delle tasse su edifici delle Chiese con valore retroattivo, è una richiesta che non tiene conto del fatto che noi non lavoriamo per fare profitto, ma per offrire anche servizi di tipo sociale che alleggeriscono inoltre gli oneri della stessa Municipalità. I nostri bilanci - spiega - quando riescono ad uscire in pareggio alla fine dell'anno, è già un buon risultato. L'altra questione - aggiunge - riguarda la proposta di legge che riteniamo discriminatoria in quanto intende regolare il diritto di proprietà, di affitto e le transazioni solo dei terreni delle Chiese.
L'ipotesi di riapertura del Santo Sepolcro
"Non può essere una chiusura all'infinito", risponde padre Francesco Patton, "questo è evidente, ma credo - conclude - che tale disagio contribuisca a far riflettere".
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