Brasile: l’impegno dei vescovi contro povertà e violenza
Silvonei Protz - Aparecida, Brasile
L’Assemblea plenaria dei 400 vescovi brasiliani è un’occasione per conoscere i problemi e le realtà che ogni giorno i presuli devono affrontare nelle loro diocesi. Tra loro mons. Pietro Conti, il vescovo di Macapà, nello Stato di Acapà, una diocesi di confine con la Gujana francese, racconta la sua esperienza pastorale in una regione che attrae molti ricercatori d’oro che più della ricchezza, si ritrovano a vivere una realtà disumanizzante che li conduce alla povertà estrema.
La miseria spinge le adolescenti alla prostituzione
“Una povertà – afferma il vescovo – che per sopravvivere, costringe molte famiglie ad avviare le proprie figlie alla prostituzione”. Lo Stato, che dovrebbe offrire condizioni di lavoro, di scuola, di università in modo che le persone vivano una vita degna, è praticamente assente. “La Chiesa come promozione umana – continua mons. Conti – ha aperto una Casa di accoglienza del Pime che fa un’opera di prevenzione nei quartieri più poveri della città per strappare, soprattutto gli adolescenti, dalla strada. Ma spesso l’attrazione di un guadagno facile è più forte.
La Chiesa di fronte al fenomeno diffuso della violenza
La Chiesa si adopera anche contro la violenza che interessa non solo questa regione, ma tutto il Brasile. Per mons. Conti “non c’è solo la ‘violenza fisica’ che è molto grave, ma c’è anche da superare la ‘violenza strutturale’, che lascia le persone ai margini della società, che li priva degli stessi diritti di tutti i brasiliani, nel campo della salute, della scuola, delle università e soprattutto nel campo lavorativo. E per ultimo c’è la cosiddetta ‘violenza culturale’ che è quella di chi pensa di essere superiori agli altri, di avere più diritti per sesso, colore della pelle, età o ricchezza”.
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