Vescovi dell’Ecuador: pace al confine con la Colombia
Griselda Mutual - Città del Vaticano
“Nonostante il fatto che il governo di Bogotà abbia raggiunto l’accordo di pace con i ribelli dell’M19 – spiega mons. Arellano - un gruppo di paramilitari non ha accettato questi accordi e si sono dedicati al brigantaggio, al furto ed ai rapimenti. Ora che la Colombia ha raggiunto la pace con le Farc, si ripete lo stesso fenomeno: c’è un gruppo di dissidenti piuttosto numeroso che rifiuta la pace, è ancora armato e sostiene i trafficanti di droga ed i Cartelli del narcotraffico. Il problema della violenza e della guerriglia nasce in Colombia ma il problema del traffico di droga ci condiziona molto in Ecuador proprio a causa dei grandi Cartelli del narcotraffico. Poi ultimamente abbiamo assistito alla morte di quattro giovani marinai e di tre giornalisti che sono stati rapiti ed uccisi in questi giorni proprio mentre speravamo che gli avrebbero risparmiato la vita.
Qual è la realtà di confine tra Ecuador e Colombia?
R. - Il confine dell'Ecuador in cui accadono queste cose è un territorio molto povero, ci sono pochissimi villaggi, l'istruzione è scarsa, le strutture sanitarie scadenti ed i giovani non trovano opportunità di lavoro. Così la tentazione della guerriglia o della droga è molto forte. Ora che queste persone sono morte, la tentazione del nostro governo è di ricorrere ad un intervento militare. Sono stanco di ripetere che le armi non portano mai la pace, la pace non nasce dalle armi, la pace è un frutto che nasce dall'albero della giustizia. La Colombia per 40 anni ha investito in armamenti per combattere la guerriglia; ora è il momento di dare opportunità ai giovani con un lavoro dignitoso. E’ ormai giunto il tempo di promuovere lo sviluppo nella regione. È un discorso che i vescovi portano avanti ricordando la famosa frase di Papa Paolo VI secondo cui “non c’è pace senza sviluppo, non c’è pace senza giustizia”.
La Chiesa si è adoperata per la liberazione dei tre giornalisti ecuadoriani prima rapiti e poi uccisi…
R. – Si noi vescovi siamo intervenuti per mediare tra i rapitori e le autorità ma li hanno uccisi prima del tempo e non abbiamo potuto far nulla; non è stato neppure possibile fare uno scambio di prigionieri. Siamo stati molto vicini al nostro governo, chiedendo sempre la pace, la moderazione e la consolazione. E siamo stati anche molto vicini alle famiglie. Domenica in tutte le cattedrali dell'Ecuador, noi vescovi abbiamo celebrato un'eucaristia per i giornalisti dei social media, abbiamo chiesto a Dio di benedirli, dare loro un messaggio come Chiesa e pregare per i loro defunti.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui