Terzo Settore. Mons. Galantino: no a chi criminalizza i deboli

A quasi un anno dall’entrata in vigore del Codice del Terzo Settore, il Centro studi sugli enti ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro dell’Università Cattolica promuove la conferenza "Enti ecclesiastici e riforma del Terzo Settore”

Barbara Castelli – Città del Vaticano

La presenza di enti ecclesiastici “appare tanto più preziosa, quanto più si manifesta la crisi dello stato sociale”, e si fanno largo “concezioni individualistiche e privatistiche” che lasciano “indietro i più deboli”, giungendo persino a “criminalizzare le condizioni di fragilità, prima o a prescindere dai comportamenti: una realtà su cui dobbiamo vigilare”. Così mons. Nunzio Galantino, segretario generale della Conferenza episcopale italiana, intervenendo alla conferenza “Enti ecclesiastici e riforma del Terzo Settore”, promossa dal Centro studi sugli enti ecclesiastici e sugli altri enti senza fini di lucro (Cesen) dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. “Dalla sanità alla scuola, dall’assistenza ai servizi sociali, dall’attività di promozione culturale a quelle di promozione del turismo religioso”, rimarca, “non vi è settore di welfare in cui non siano presenti le nostre realtà”. Una presenza che non di rado si cerca di spingere “ai margini”, ma che oggi si deve confrontare con questa “nuova disciplina”, “coniugando carisma e missione”. “In questa prospettiva – conclude il presule – la raccomandazione è lavorare insieme, camminare insieme, evitando i navigatori solitari, quelli che hanno la mania di essere sempre i primi”.

Un nuovo quadro normativo in cui orientarsi

Il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 noto come “Codice del Terzo Settore”, completa l’attuazione della legge 106/2016 “Delega al Governo per la riforma del Terzo Settore, dell’impresa sociale e per la disciplina del servizio civile universale”. “Appartiene alla peculiarità della Chiesa cattolica – sottolinea Franco Anelli, rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore – un’azione di sollievo delle sofferenze”, e i “religiosi che svolgono attività di rilievo sociale oggi non possono non confrontarsi con la riforma”. Tanti gli aspetti del nuovo quadro normativo toccati da docenti di Diritto commerciale, canonico ed ecclesiastico, e tributario, come Andrea Perrone, Venerando Marano e Marco Miccinesi.

La riforma è “rischio, costo e opportunità”

“Se si guarda con attenzione, per gli enti ecclesiastici la riforma del Terzo Settore è al contempo un rischio, un costo e un’opportunità”: precisa Andrea Perrone, ordinario di diritto commerciale all’Università Cattolica del Sacro Cuore. “O si è dentro o si è fuori”, afferma con una battuta per spiegare il “rischio”; e “adeguarsi alla nuova normativa comporta certo dei costi, oneri economici diretti da sostenere oltre ai costi indiretti”; ma c’è anche “l’opportunità” da contemplare. L’opportunità consiste nel fatto che “l’equiparazione con gli enti del Terzo Settore si gioca fondamentalmente sugli assetti organizzativi: si tratta di capire come organizzare gli enti ecclesiastici in modo più efficiente di quando non sia stato fatto”. Costituire un “ramo Ets” o un “ramo impresa sociale” all’interno dell’ente ecclesiastico, chiarisce, comporta una pluralità di costi e benefici. Una soluzione alternativa “potrebbe essere allora la configurazione dell’ente ecclesiastico come gruppo”, in una sorta di “struttura a grappolo”. “Non esistono, comunque – conclude Andrea Perrone – soluzioni ottimali a priori: bisogna avere in mente le specificità del singolo ente e in base a quello valutare il modello più adeguato”.

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Le foto della conferenza all'Università Cattolica
19 giugno 2018, 14:29