Sacro Cuore: la devozione di Fra Tommaso da Olera
Michele Raviart – Città del Vaticano
Dio voleva che l’uomo vedesse il suo amore per Lui, “e se si dirà che ‘l sangue di Cristo fu sangue d’amore col quale redemì l’uomo, questo che Cristo sparse dal suo cuore dopoi morte fu sangue preziosissimo: fu un estremo eccesso d’amore, fu l’ultimo sigillo dell’amor suo”. Così il Beato Tommaso da Olera, frate minore cappuccino vissuto tra ‘500 e ‘600 spiegava il perché della sua devozione al Sacro Cuore di Gesù, che la Chiesa celebra domani.
“Totus Ardens”
“Il Sacro Cuore è l’immagine e un riferimento concreto intorno a cui Tommaso poteva condensare tutta la complessità della sua esperienza religiosa”, spiega Marcello Neri, professore di Teologia cattolica all’università di Flensburgo e autore del saggio “il cuore di Gesù negli scritti di Tommaso da Olera. Singolare esperienza di Agape”, pubblicato da Morcelliana in appendice al volume “Totus Ardens”, dedicato al Beato.
La “dismisura” dell’amore di Dio
“L’aspetto più importante, che poi è più moderno”, afferma ancora il prof. Neri, “è che Tommaso parla della dismisura dell’amore di Dio, questa dedizione per gli uomini che non è misurabile, sfugge ogni volta al controllo e alle aspettative. Questo porta Tommaso a fare l’esperienza di Dio scome accesso continuo: Dio che cede sempre se stesso per raggiungere l’uomo per accompagnarlo nel suo vissuto.
Dalla questua all’Imperatore
Nato ad Olera, frazione di Alzano Lombardo nel 1563, Tommaso era noto come “frate della questua”, attività alla quale si dedicò con zelo in molte parrocchie di quella che era allora la Repubblica di Venezia. Si spese nel corso della sua vita per la fondazione di conventi e monasteri, grazie alla sua fama di predicatore raggiunse la corte dei duchi di Baviera e dell’imperatore Ferdinando II d’Asburgo, di cui divenne consigliere spirituale, senza tuttavia mai dimenticare la sua missione a contatto con il popolo.
Una fede personale in opposizione alla Riforma
Originariamente illetterato, come prevedeva la regola francescana, cominciò a scrivere della sua esperienza di fede in modo personale, in un contesto segnato dalla riforma luterana e da una cultura teologica in cui la fede era concepita principalmente come esperienza collettiva, spiega ancora il teologo Neri, il cui saggio è stato consegnato nel gennaio 2017 a Papa Francesco, nel corso di un’udienza privata con esponenti della Segreteria della Comunicazione, della fondazione Papa Giovanni XXIII e di Officine per la Comunicazione.
Le affinità con Papa Francesco
Fu proprio Papa Francesco, nel settembre del 2013, a beatificare Fra Tommaso da Olera, dopo che Papa Benedetto XVI aveva autorizzato la beatificazione nel maggio 2013. Numerosi i punti in comune tra Francesco e il frate di Olera, afferma Marcello Neri. “Il primo e più evidente è la centralità della misericordia come forza concreta della prossimità di Dio ai vissuti umani, e sempre in eccedenza. Il secondo è che Papa Francesco porta con sé anche i tratti di una devozione al cuore di Gesù, una dei tratti della spiritualità gesuitica. Il terzo aspetto: Francesco parla a Dio come “l’affetto dei nostri affetti”, con questa rimessa in gioco del tratto affettivo del cristianesimo, di questa prossimità affettiva che è centrale per una devozione al cuore di Gesù”
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