Il Patriarca Sako: nuova pastorale per i cristiani iracheni
Marco Guerra – Città del Vaticano
“Un momento molto forte, abbiamo parlato di come portare una nuova pastorale ai cristiani iracheni”. Così il Patriarca di Babilonia dei Caldei, Sua Beatitudine Louis Raphaël I Sako, riferisce a VaticanNews del ritiro spirituale che si è tenuto in Iraq dal 4 al 7 giugno, a cui hanno partecipato oltre 80 tra sacerdoti, monaci e vescovi della Chiesa caldea. Un evento in preparazione del Sinodo della Chiesa caldea, che si svolgerà dal 7 al 13 agosto prossimi per scegliere i nomi dei vescovi per le attuali sedi vacanti e discutere di vari temi, in particolare di pastorale, liturgia, formazione del clero e aiuti per la ricostruzione dei villaggi cristiani.
Nomina a cardinale speranza per la pace in Iraq
Sua beatitudine Louis Sako è tra i nuovi cardinali che Papa Francesco creerà al Concistoro del 29 giugno prossimo. Un segno di speranza che alimenta anche gli sforzi per la pacificazione dell’Iraq e del Medio Oriente. Proprio nei giorni scorsi il Patriarca ha parlato del ritorno di oltre ottomila famiglie cristiane nella Piana di Ninive e delle recenti elezioni che fanno sperare “nella formazione di un forte governo democratico e civile”, nel quale tutte le componenti etniche e religiose del Paese siano rappresentate.
Nuove violenze nel Nord
Affermazioni che arrivano mentre oggi, nel Nord del Paese, si segnalano nuove incursioni aree della Turchia contro postazioni della milizie curde del Pkk. Si segnala anche l’annuncio del ministro del petrolio iracheno riguardo l’avvenuta riduzione della produzione di greggio come da accordi siglati in sede Opec nel dicembre del 2016. (Ascolta l'intervista integrale al patriarca Sako)
Sua beatitudine, in preparazione del Sinodo, dal 4 al 7 giugno si è svolto il ritiro spirituale sacerdoti, monaci ed i vescovi della Chiesa caldea. Che giornate sono state?
R. - È stato un momento molto forte per noi. Eravamo 80, tra vescovi preti e alcuni monaci. Abbiamo parlato un po’ della nostra spiritualità per lavorare su noi stessi, per portare una nuova pastorale alla nostra gente e quindi come essere testimoni della nostra fede ma con tanta gioia. Abbiamo parlato della speranza, della gioia nella nostra consacrazione per cercare di servire la nostra gente. Non basta che le persone tornino, bisogna tenerle sul posto e dare loro la speranza e l’aiuto spirituale, morale e materiale.
L’ordinazione di cinque sacerdoti però testimonia che la Chiesa caldea è molto viva …
R. - Sì. Anche durante la celebrazione ho parlato a questi giovani che si danno al Signore e che si mettono anche al servizio della gente. È una generosità molto grande, è un sacrificio in un mondo dove tutto è individualizzato, dove la gente cerca il piacere, la cultura del piacere, del denaro e del sesso. La gente, i fedeli devono incoraggiare e ringraziare questi preti per aiutali a vivere la loro consacrazione con gioia e con fedeltà.
Lei ha annunciato il Sinodo della Chiesa caldea, che si terrà dal 7 al 13 agosto. Quali saranno i temi al centro di questo evento?
R. - Dunque abbiamo sedi vacanti come Mosul, ma anche Istanbul. Abbiamo bisogno di un ausiliare a Baghdad, perché uno dei due ausiliari ha rassegnato le dimissioni a causa dell’età. Abbiamo bisogno di formazione per il nostro clero, per i monaci, per le suore. Parleremo anche di come attivare le nostre diocesi in diaspora, di come aiutare il clero e i fedeli a non perdere la propria identità, le loro tradizioni anche quando sono fuori dal Paese. Inoltre dobbiamo continuare l’aggiornamento della liturgia. Poi si discuterà del diritto privato della Chiesa caldea in Iraq ma anche di come continuare ad aiutare la gente a ritornare nelle loro case e continuare a restaurare le loro case.
A tal proposito, dopo 15 anni di guerra, in Iraq, si registrano importanti segnali di speranza con la sconfitta del sedicente Stato islamico e il ritorno di molte famiglie cristiane nella Piana di Ninive. E’ un nuovo inizio per i cristiani in Iraq?
R. - Penso di sì. Questa gente ha avuto la pazienza ma anche la fede nel sopportare queste difficoltà e oggi la strada è aperta davanti a loro per ritornare nelle loro case. Qui c’è un segno di speranza per i cristiani, ma loro devono anche essere un segno di speranza per tutti gli iracheni.
Sua Beatitudine riceverà la berretta cardinalizia nel Concistoro del 29 giugno. Si tratta di un evento importante per tutta la Chiesa irachena, direi per tutta la Chiesa del Medio Oriente…
R. - Sì, io penso che questa nomina non sia un premio che ricevo da parte del Santo Padre. Lui ha pensato a noi, all’Iraq, agli iracheni nel Medio Oriente. La penso come una chiamata, una missione più larga, più aperta per lavorare per promuovere la cultura del dialogo, della pace, del rispetto di tutti. Cosa che il Santo Padre sta facendo, ma nel concreto! Il Santo Padre non può essere in Iraq, in Siria, o dappertutto; sono i vescovi e i Patriarchi che devono incarnare questi appelli alla riconciliazione, alla stabilità, al rispetto per tutti.
Cosa chiedete, invece, alla politica irachena per pacificare il Paese?
R. - A dire la verità io ho avuto l’appoggio di tutti, di tanti musulmani: capi religiosi, ma anche politici, sono venuti a fare gli auguri, hanno mandato delle lettere… Tanti. Adesso l’Iraq aspetta la formazione di un nuovo governo. Loro parlano di un governo non settario, un governo nel quale tutte le componenti siano rappresentate. Ma ci sono problemi, ci sono negoziazioni fra loro. Speriamo bene. Noi faremo di tutto per aiutare gli iracheni perché escano da questo contesto di tensione.
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