La Chiesa ricorda San Camillo de Lellis, padre della medicina della tenerezza
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Patrono degli ammalati e degli operatori sanitari, San Camillo de Lellis è stato il precursore di tutti coloro che si sono occupati di organizzazione ospedaliera. Nato a Bucchianico il 25 maggio del 1550, San Camillo da giovane è soldato di ventura. La sua vita si alterna tra le battaglie e il gioco d’azzardo. Dopo la conversione dedica ogni energia ai malati. In loro vede il cuore di Dio e unendo logiche aziendali, disciplina militare e carità cristiana, rivoluziona la professione infermieristica. Alto più di due metri, San Camillo è un gigante dal cuore d’oro folgorato dalla grazia di Dio.
I ministri degli infermi
Nel 1586 San Camillo fonda la Compagnia dei ministri degli infermi. L' opera, una autentica scuola di carità, è oggi diffusa in tutto il mondo. I ministri degli infermi, conosciuti come camilliani, sono chiamati, seguendo le orme del loro fondatore, a vivere una inscindibile relazione: quella tra Crocifisso e carità. Anche oggi la croce rossa, posta sul petto nell’abito dei camilliani, continua ad essere un segno di vicinanza amorevole e caritatevole soprattutto per chi soffre, per chi vive l’esperienza del dolore e della malattia.
Il testamento di San Camillo
I malati - afferma San Camillo - “sono i nostri signori e padroni”. Ai suoi compagni dà questa regola: curare gli infermi “con la tenerezza di una madre per il suo unico figlio malato”. Muore a 64 anni il 14 luglio del 1614. Questo è il suo testamento: “Io Camillo de Lellis... lascio al demonio, tentatore iniquo, tutti i peccati... Lascio e dono l’anima mia al mio amato Gesù e alla sua Madre... Lascio a Gesù Cristo tutto me stesso in anima e corpo e confido che, per sua immensa bontà e misericordia, mi riceva e mi perdoni”. Nel 1746 è proclamato santo da Benedetto XIV.
Incarnare lo spirito del Santo dei malati
A Vatican News padre Umberto D’Angelo, cappellano presso l’Ospedale San Camillo di Roma, si sofferma sul senso oggi della missione dei camilliani. E’ questa una testimonianza d’amore che, in una società dove dilaga sempre di più quella che Papa Francesco definisce "la cultura dello scarto", prosegue lungo il solco tracciato dal Santo dei malati. Nell’ospedale San Camillo, in particolare, i cappellani offrono assistenza spirituale e religiosa, visitano quotidianamente i pazienti nei vari reparti di degenza e amministrano i Sacramenti. (Ascolta l'intervista con padre Umberto D'Angelo, assistente spirituale e religioso presso l'ospedale San Camillo)
Nessuno sia scartato
Non c’è persona più scartata - sottolinea padre D’Angelo - di quella che sta morendo. Noi camilliani - aggiunge - cerchiamo di incarnare lo spirito, il carisma di San Camillo e di andare a trovare i morenti. Quella dei cappellani dell’ospedale San Camillo è una presenza insostituibile, scandita da una disponibilità dilatata nell’arco di tutta la giornata. Per molti malati, soprattutto per chi sta vivendo la fase terminale della propria vita, la vicinanza di un assistente spirituale è un abbraccio fraterno nel segno della speranza cristiana.
L'incoraggiamento di Papa Francesco
Il primo ottobre del 2016, nel centro di assistenza dei camilliani a Tbilisi in Georgia, Papa Francesco ha incontrato gli assistiti e gli operatori delle opere di carità della Chiesa. In quell'occasione ha pronunciato queste parole: "Vi incoraggio a proseguire su questa strada esigente e feconda: le persone povere e deboli sono la 'carne di Cristo' che interpella i cristiani di ogni confessione, spronandoli ad agire senza interessi personali, ma unicamente seguendo la spinta dello Spirito Santo".
Foto tratte dall'archivio dell'Ordine dei camilliani e dal sito www.camilliani.org
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