Mons. Lebrun: la Francia ritrovi l’unità e la felicità non solo con il calcio
Marie Duhamel – Città del Vaticano
Ieri, 15 luglio, la Francia ha conquistato in Russia la Coppa del mondo di calcio, vincendo sulla Croazia per 4 a 2. Mons. Dominique Lebrun, arcivescovo di Rouen - che è stato arbitro ufficiale della Federazione francese di calcio per 13 anni - complimentandosi con i croati per la loro bravura, commenta la vittoria e la gioia dei francesi.
R. – Vede, penso che viviamo in un’epoca in cui ci aggrappiamo a ogni occasione per vivere emozioni e gioie … Non ho la sensazione, purtroppo, che si cerchi la strada giusta né la felicità vera; però, ecco, ci ritroviamo uniti per il merito di una squadra che ha ottenuto un buon risultato dopo i suoi sforzi, per aver condotto un bel gioco, e hanno vinto … approfittiamone! Anche se non sarà questo a rendere felici nel profondo i francesi né il mondo intero: in realtà, è la vita di famiglia, le esperienze che si faranno durante le vacanze, lo sguardo sul prossimo …
Di fronte a questi ultimi anni piuttosto complicati, direi, mi sembra di percepire in Francia una palese necessità di unità …
R. – Credo che gli “anni complicati” hanno fatto capire che c’è bisogno di unità; ma questo bisogno di unità ha bisogno di essere costruito in maniera più profonda che solamente sul calcio. Chiedo a Dio che quelli che fanno festa lo facciano con dignità e con gioia e non ne facciano un pretesto per scatenare la violenza. Anche se questo è un segno che dobbiamo raccogliere: quello delle persone che non ce la fanno più e che non vedono altro modo per farsi sentire che l’uso della violenza.
E quando si dice che vent’anni dopo, la Francia del “black-blanc-beur” è stata solo un’illusione alla quale abbiamo voluto credere, ma in definitiva, non esiste … Cosa è successo? Il sogno di poter essere tricolori ma anche multicolori, per riprendere l’espressione di Jacques Chirac, è ancora da realizzare?
R. – Sicuramente. Abbiamo visto che durante questa Coppa del mondo – malgrado il fatto che la composizione della squadra francese non sia cambiata in quanto all’origine dei giocatori: quindi, è sempre “black-blanc-beur”, è sempre multicolore come nel 1998 – ci sono state delle riserve da parte di personalità e responsabili politici, e perfino di personalità del mondo del calcio e della cultura … Credo che siamo in pieno dramma di non-accoglienza dei migranti: non possiamo ingannarci. Credo, invece, che tutto questo sia un buon segnale che indica la necessità di verità rispetto a quello che siamo, a quello che è la Francia.
Personalmente, c’è stato un fatto che mi ha emozionato molto, in questi Mondiali: è stato vedere i bambini del 1998, come lo era all’epoca Griezmann, per esempio, che assisteva ammirato alla squadra nazionale francese che conquistava il titolo mondiale e che ora a sua volta diventa campione del mondo … C’è una sorta di passaggio delle consegne: significa che il sogno può realizzarsi?
R. – Sì … questo è il mistero delle generazioni che si susseguono, della memoria … Ora siamo totalmente incentrati sui giovani: uno degli elementi forti della squadra francese è la sua giovinezza, e la giovinezza porta con sé tante promesse e nulla è mai perduto. Quindi è possibile ricostruire e magari anche costruire meglio quello che abbiamo vissuto dopo il 1998 …
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