Padre Dall'Oglio, "il suo è il ricordo di chi non muore più"
Emanuela Campanile, Marie Duhamel - Città del Vaticano
Possente, dalla voce così tonante che se si arrabbiava faceva fuggire tutti, "compreso il gatto che correva a nascondersi". Eppure, ricorda fratel Jihad Youssef nell'intervista a Vatican News (Ascolta l'intervista integrale), padre Paolo Dall'Oglio "aveva una capacità inesauribile di mettersi all'ascolto di ogni cuore e di ogni tormento umano". Per chi lo ha conosciuto, per chi ha condiviso le fatiche e il cammino di fede in una terrra sconvolta dalla guerra come la Siria, il fondatore della comunità monastica di Mar Musa rimane "un ricordo vivo di uno che non muore più".
Amico e maestro
"Amico, maestro, non ci ha lasciato finchè non eravamo pronti - prosegue fratel Youssef - la sua scomparsa ci ha obbligato a maturare e ad assumerci maggiormente la nostra responsabilità. Questo - sottolinea - è un ricordo vivo, non il ricordo di una cosa ormai passata". La fede di padre Paolo era granitica, forgiata nel fuoco della sofferenza di un tragico conflitto e alimentata dallo scopo di una specifica vocazione: "aveva sempre puntato sull'incontro islamo-cristiano - racconta ancora fatel Youssef - per lui l'armonia islamo-cristiana era lo scopo della nostra vocazione in quanto, ci diceva, siamo consacrati per l'amore di Gesù Cristo a tutti gli uomini e alle donne del mondo, ma in particolare ai musulmani e all'Islam".
Le persone prima di tutto
Chi è stato al suo fianco, ne ricorda la pazienza e la "capacità di sopportare persone insopportabili" perchè - racconta fratel Youssef - "aveva sempre la speranza che chiunque può migliorare. Per lui, l'impossibile non esisteva".
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