Brasile: al Cortile dei Gentili "Cinema e senso della vita"
Silvonei Protz – Città del Vaticano
Alla prima edizione sul tema "Dio, Cosmo, Umanità: un dialogo di confini”, del 2016 con la presenza del cardinale Gianfranco Ravasi, è seguita la seconda edizione dello scorso anno sul tema "Per una cultura dell'ospitalità e della convivenza: la sfida e le possibilità di vivere insieme". Quest’anno il tema sarà "Senso della Vita". Per questa terza edizione è stato invitato, mons. Dario Edoardo Viganò, Assessore del Dicastero per la Comunicazione, che affronterà il tema: “Il cinema e il senso della vita”. Mons. Viganò, esperto di cinema, ci spiega il senso del suo intervento
R. – L’idea è quella di parlare un po’ della narrazione cinematografica, del cinema non esclusivamente ludico, di divertimento, ma anche del cinema che sa raccontare le pieghe dell’umano. Perché è proprio nell’umano che troviamo gli spazi per le grandi domande dell’uomo, che molto spesso sono domande che hanno il sapore che anticipano il Vangelo.
Il cinema può essere uno strumento veramente valido per la Chiesa?
R. – Credo proprio di sì, almeno guardando la storia; perché non dimentichiamoci che negli anni Cinquanta, per esempio, moltissimi missionari, proprio per fare catechesi nei luoghi di missione, mostravano dei piccoli film che loro stessi giravano con attori improvvisati. Quindi diciamo che certamente può essere un utile strumento. Anche perché non dimentichiamoci che è una narrazione, e la narrazione non è un saggio, non è una discussione, non è una dimostrazione: la narrazione appartiene a quel genere per cui chi racconta è testimone, si coinvolge. Pensiamo a quelle che sono le narrazioni nel Vangelo.
C’è ancora spazio nella Chiesa per utilizzare il cinema per l’evangelizzazione?
R. – Credo proprio di sì, almeno a due livelli. In primo luogo, c’è per esempio la possibilità di produrre dei documentari. Il documentario ha un costo decisamente minore, molto più basso rispetto alla produzione di un film. Molto spesso i documentari sono anche l’occasione per mettere attorno ad un progetto differenti soggetti che possono anche investire economicamente. E questo penso che sia molto utile, perché ci sono degli aspetti della religiosità popolare, della cultura e dell’arte cristiana, che magari non diventano soggetto di grande interesse per le produzioni cinematografiche, ma possono diventare oggetto per una divulgazione culturale e religiosa, da parte della Chiesa. Un secondo modo per valorizzare il cinema e utilizzarlo in chiave pastorale, è quello di aprire spazi - quelli che una volta si chiamavano i “cineforum” -, cioè andare ad individuare alcuni film che possono in qualche modo aiutare a capire quelle che sono le grandi parabole del Vangelo. Penso ad esempio, e farò vedere dei piccoli filmati di film apparentemente molto distanti dal mondo cattolico – penso in particolare ai film di Ken Loach, dei fratelli Dardenne – dove però si coglie la sensibilità di questi registi di entrare nelle pieghe anche ferite dell’umano. E lì parte un racconto che è un racconto di prossimità, di vicinanza, di condivisione. Certo è una condivisione umana, ma è una condivisione che probabilmente poggia su un mistero più grande di noi che è appunto la grande condiscendenza di Dio con l’uomo.
Gesù Cristo è stato protagonista di tanti film, e ha fatto epoca perché ha creato anche il “Gesù Cristo Superstar”…
R. – Certo, è vero: ci sono moltissimi film – credo quasi 150 – su Gesù, prodotti già dalle origini. Non dimentichiamo che quando nasce il cinema, ciò che va molto dal punto di vista religioso sono quelle che chiamiamo le “sacre rappresentazioni”. Quindi il cinema quando nasce nel 1895 fa questo ragionamento: tutti conoscono la vicenda di Cristo, allora possiamo partire a raccontare questa vicenda, e riprendono le sacre rappresentazioni. Addirittura in Franca nasce una Casa specialistica su un momento della vita di Gesù che si chiamano “Le passioni” e c’è la “Passion Pathé”, cioè la Pathé diventa una Casa cinematografica francese che si specializza proprio su questi piccoli film sulla passione di Gesù. Poi nell’arco della storia si è sviluppato molto il cinema e anche lì abbiamo un cinema su Gesù che è quello statunitense rispetto a quello italiano, per esempio, molto diverso, i biopic americani, quelli invece più autoriali in Italia fino a giungere a racconti che sono racconti inquieti - penso a Scorsese, “The last temptation” - oppure ad alcuni film che in qualche modo si avvicinano alla fantasia come “I giardini dell’Eden” che cerca di immaginare quelli che sono gli anni non raccontati dal Vangelo fino agli ultimi film che conosciamo - Mel Gibson…- o altri film più recenti.
Qual è il futuro del cinema, dall’alto della sua conoscenza…
R. – Io spero che fin quando ci sarà la capacità di raccontare, il cinema ci sarà. Certo oggi è importante, per esempio, come Chiesa, investire su dei giovani, su dei ragazzi e ragazze che sappiano scrivere sceneggiature perché il segreto di un film, certo, è il regista che sappia riprendere bene, che abbia uno sguardo particolarmente interessante, ma è il modo con cui si scrivono le storie. Credo che forse un buon investimento sarebbe quello di dare qualche borsa di studio ai più meritevoli ragazzi o ragazze delle scuole di cinema che possano frequentare grandi studi e in genere i grandi master e le grandi scuole di scrittura cinematografica sono negli Stati Uniti: imparare bene l’arte sapendo che dentro quell’arte c’è il loro cuore di credenti e questo sarebbe molto importante per le prossime generazioni.
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