Rilanciare un patto generazionale per dare futuro ai giovani
Roberta Gisotti – Città del Vaticano
Un evento ideato in vista del prossimo Sinodo dei vescovi su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale”. Quattro giorni intensi di lavoro fino a domenica, con dibattiti, racconto di esperienze, proposte operative. Si parte dall’ascolto dei giovani, al dialogo per discernere, alle prospettive educative, declinate in vari contesti culturali e geografici. Un centinaio i relatori davanti ad una platea di oltre 400 partecipanti tra studiosi, educatori, formatori e giovani.
I giovani vanno ascoltati e capiti
In questo inizio millennio di giovani si parla molto ma l’impressione è che gli adulti li capiscano poco, lo conferma don Mauro Mantovani, rettore della Pontificia Università Salesiana, dal suo osservatorio sugli studenti, laici, sacerdoti, suore di ogni continente.
R. – Certamente, la dimensione del patto intergenerazionale, cioè del dialogo aperto tra le generazioni, è un nodo fondamentale della nostra cultura e della nostra società. Da quello che possiamo percepire, c’è un desiderio profondo dei giovani essere ascoltati, di essere capiti. Così, di fronte agli allarmismi che ci sono, noi vogliamo dare un messaggio ed una prospettiva positiva: c’è bisogno di adulti che siano credibili, che siano veri testimoni perché i giovani sono capaci anche di grandi ascolti e di prendere direzioni fondamantali positive, quando si sentono veramente accompagnati e non traditi.
Quindi occorre contrastare una dimensione di negatività che il mondo adulto sta riversando su quello giovanile, in qualche modo tarpando ai giovani le ali …
R. – Certamente; non vogliamo però piangere sul nostro tempo: tutti i tempi, in qualche modo, rappresentano delle sfide. E’ vero che c’è bisogno – lo dicono i giovani stessi – di una generazione di adulti che prenda in mano la propria vita e viva le sue responsabilità, dando prospettive, aprendo futuro, facendosi vicina e accompagnando con una testimonianza di vita coerente. Non c’è bisogno di adulti che giochino a fare i ragazzi, ma c’è bisogno di adulti che siano autenticamente tali e per questo possano vivere questo interscambio generazionale guardando all’insieme della famiglia umana.
E’ vero pure che anche i giovani, forse, dovrebbero prendere maggiormente in carico – come nei tempi passati – le loro responsabilità, perché spesso sentiamo dire dai ragazzi: “ci hanno tolto il futuro”. Ma il futuro non dovrebbero costruirselo anche loro?
R. – Eh, sì: abbiamo parlato fino adesso degli adulti, ma certamente c’è tutto quello che riguarda la vita stessa dei giovani, che non possono piangere sulla situazione ma sono chiamati a fare la loro parte fino in fondo. Perché crediamo nella dimensione delle scelte di vita, cioè dello sguardo vocazionale sulla propria esistenza – intendendo la vocazione come la chiamata che Dio fa a ciascuno dei suoi figli di essere felici, di essere di più, di sviluppare in pieno i talenti seminati nell’esistenza di ciascuno, che sono quindi da coltivare con responsabilità. Ci sono certo situazioni e contesti che più li favoriscono e altri che li ostacolano, ma – come ci insegnava don Bosco – c’è sempre un punto positivo in ogni ragazzo, in ogni ragazza, in ogni giovane su cui si può far leva e su cui egli stesso può far leva, per crescere e per sviluppare i suoi talenti. Papa Francesco spesso ricorda ai giovani di non farsi 'rubare' la speranza. Allora: i 'ladri' sono esterni, ma bisogna prima di tutto che ciascuno possa custodire e favorire, far crescere il talento che ha ricevuto. E quindi dev’essere responsabilizzato tantissimo, in questa dinamica.
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