Paolo VI, il Papa del Concilio
“Paolo VI è l’architetto del Concilio Vaticano II”. Questa definizione di Andrea Riccardi ci aiuta ad entrare subito nel tema della puntata di oggi che riguarda appunto il rapporto fra Montini e l’esperienza conciliare. Non c’è dubbio che questa abbia segnato l’intero pontificato di Paolo VI. In particolare, però, cosa si trovò a dover fronteggiare il Papa bresciano?
La mediazione
Da un punto di vista tecnico e operativo, Paolo VI ha guidato tutte le operazioni nell’ambito di una complessa macchina organizzativa. Inoltre ha mediato tra le diverse sensibilità dell’episcopato internazionale al fine di scongiurare derive nostalgiche e fughe in avanti ugualmente pericolose. In realtà Giovanni XXIII aveva fatto in tempo soltanto ad aprire il Concilio. Insomma ne aveva redatto il prologo e molto lavoro svolto in quel periodo andava rifatto.
La modernità
“Paolo VI – sottolinea Riccardi - ha voluto condensare il Concilio in un messaggio: una simpatia immensa per il mondo”. Nella solennità dell’Immacolata del 1965, in Piazza San Pietro, a proposito del Concilio, lo stesso Montini afferma: “possa esso accendere questa nuova scintilla della divina carità nei nostri cuori”. Per Riccardi, il Papa credeva nel cambiamento. “Ma – precisa - cambiare in un gradualismo che coinvolga tutte le chiese, la gente, le personalità”.
Un genio di governo
Riccardi invita a guardare oltre gli eventi conciliari. Occorre concentrare l’attenzione sul post evento e quindi sulla recezione conciliare, quando Montini innestò metodo, valori e contenuti nella realtà ecclesiastica. E soprattutto sul genio pastorale di Paolo VI che viene sottolineato anche dai suoi viaggi avvenuti già durante il concilio e di cui fanno parte. Si pensi alla visita all’Onu nell’ottobre 1965, e l’anno prima, nel gennaio 1964, al pellegrinaggio in Terra Santa segnato dall’incontro con il patriarca di Costantinopoli Atenagora.
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