Massacro in Centrafrica, tra le vittime anche due sacerdoti
Emanuela Campanile, Luisa Urbani - Città del Vaticano
Schierati in massa sul sito di sfollati accampati davanti al Vescovado della Chiesa cattolica di Alindao, Centrafrica, decine di ribelli dell'Upc di Ali Daras, giovedì hanno sferrato un sanguinoso attacco armato. Si parla di 42 morti ma il bilancio sembrerebbe di gran lunga peggiore. Stando a due agenzie locali, l'attacco è stato la risposta dei ribelli dell'Unité pour la Paix en Centrafrique (Upc) all'assassinio di un musulmano per mano degli anti-balaka.
La notizia, però, si è diffusa tramite Facebook e via WhatsApp come testimonia don Marcellin Kpeou che ieri, appena ricevuto il messaggio "pregate per noi", ha contattato il mittente. A rispondere, l'economa del Vescovado di Alinado che ha informato il sacerdote di quanto stava accadendo. "Si sentivano gli spari - racconta don Marcellin - mi hanno detto che erano circondati. Ho parlato anche con i due diaconi e il vicario generale della Diocesi di Alindao".
"La sua voce - prosegue il sacerdote - era profonda, grave e mi ha chiesto di avvertire le autorità del governo locale". Don Marcellin, centrafricano, vive a Roma da 20 anni ed è sempre rimasto in contatto con la Diocesi del suo Paese d'origine. "Questa mattina sono riuscito a parlare nuovamente con l'economa che mi ha informato della morte di due sacerdoti. Il primo era proprio il vicario generale. Mi ha poi detto che molti degli sfollati sono stati arsi vivi e le loro tende date alle fiamme".
Dopo l'attacco, l'arrivo delle forze Onu a presidiare la zona. Tuttavia, non c'è nulla di confermato ma secondo quanto emerge dalle piattaforme social, i caschi blu – che hanno il compito di difendere e proteggere il sito di sfollati e l'area circostante – non sarebbero intervenuti per fermare l'attacco.
Poiché la rete telefonica di Alindao sarebbe stata distrutta, don Marcellin non è riuscito a mettersi nuovamente in contatto con il Vescovado. Da Bangui, invece, arriva la dichiarazione raccolta da Allaire Delphine del vicario generale don Mathieu Bondobo:
"Tutti erano abbandonati a loro stessi e i ribelli hanno avuto il tempo di fare tutto quello che hanno voluto. E l'hanno fatto. È questa la nostra rabbia, è questo che ci provoca tristezza nel cuore. Umanamente sì, siamo tristi, ma questo attacco non può essere una minaccia per impedire alla Chiesa di compiere la sua missione. Anzi, la Chiesa rimane forte. E noi, che siamo ancora in vita, continuiamo a portare avanti quest'opera".
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