Vescovo di Tijuana invoca aiuti internazionali per i migranti
Griselda Mutual - Città del Vaticano
I numeri danno la dimensione dell’enorme problema migratorio che si verifica a Tijuana, città al confine con gli Stati Uniti: da ottobre sono arrivati circa 8.500 migranti nella zona. Per l'arcivescovo di Tijuana mons. Francisco Moreno Barrón - al microfono della sezione spagnola di Vatican News - l’arrivo dei migranti "durerà per mesi, forse per un anno. Per questo la Chiesa cattolica ha convocato - in risposta alla richiesta di Papa Francesco ai vescovi che devono affrontare questa realtà – una serie di organismi ecclesiali per offrire un servizio migliore ai fratelli e alle sorelle migranti. Un vero ‘segno di unità’ – ha detto - per mostrare il volto della Chiesa solidale con i più poveri e bisognosi”.
La Chiesa offre alloggio, cibo e servizi sanitari
La Chiesa, oltre all'alloggio, offre anche servizi alimentari e sanitari: "Circa 2.500 pasti al giorno vengono preparati nei vari centri diocesani, gestiti principalmente da sacerdoti salesiani e da missionari scalabriniani”. Mons. Francisco spiega che il cibo viene ricevuto principalmente con il sostegno di alcune istituzioni ecclesiali, soprattutto dall'estero o dal Messico, mentre il resto delle mense riceve sostegno direttamente dalle parrocchie e dalle Caritas locali di Tijuana.
Tijuana non è una città ‘anti-migranti’
L'arcivescovo ha parlato delle tensioni vissute nei giorni scorsi con gruppi di residenti di Tijuana che hanno organizzato una manifestazione contro la carovana dei migranti: "Questo è accaduto solo all'inizio, da parte di qualche gruppo locale. Ma sono stati pochi rispetto alla stragrande maggioranza della popolazione. Questo ha creato una cattiva immagine di Tijuana, che non è giusto definirla ‘città anti-migrante’, perché Tijuana ha sempre avuto un volto e un'identità per i migranti. Questa grande carovana dall’Honduras – confessa il presule - ci ha colto di sorpresa. Il problema più grosso è stato quando il governo degli Stati Uniti ha chiuso il checkpoint di San Ysidro, che ha creato un problema enorme per i cittadini di Tijuana, perché 240.000 persone attraversano quotidianamente questo confine lavoro, con circa 60.000 veicoli e 10.000 camion: è il confine più trafficato del mondo. Naturalmente – precisa - la chiusura del confine ha creato un problema sociale ed economico enorme colpendo gli interessi di molte persone: per questo motivo la comunità di Tijuana si è risentita. Tuttavia, non ci sono stati altri scontri.
Offerta di lavoro per migranti a Tijuana
Per quanto riguarda i migranti che hanno deciso di tornare nei rispettivi Paesi, mons. Moreno Barrón conferma che un aereo è già partito con i migranti, mentre altri torneranno via terra. Inoltre sottolinea la creazione di offerta di posti di lavoro: "Tijuana ha attualmente 7.000 posti di lavoro disponibili da 60 aziende, quindi c'è lavoro, grazie a Dio in abbondanza. Nel caso dei migranti che hanno deciso di rimanere qui, il governo offre loro i documenti necessari per poter accedere regolarmente a un lavoro in Messico”.
Usa- Messico: necessità di collaborare per sostenere i Paesi in crisi
Mons. Barrón sottolinea che prima di tutto è necessaria una soluzione radicale, e ricorda il comunicato che ha emesso lo scorso 9 ottobre, nel quale chiede un approccio aperto al governo degli Stati Uniti affinché prenda l'iniziativa di promuovere fonti di lavoro e risorse applicate in questi Paesi in crisi, con la collaborazione del Messico, in modo che abbiano fine questi esodi massicci e disordinati che causano tanta sofferenza ai migranti, che non riescono a raggiungere i loro obiettivi.
Solo un quarto dei migranti ottiene l'asilo negli Stati Uniti
Per quanto riguarda la percentuale di persone che ottengono l'asilo negli Stati Uniti, mons. Moreno Barrón fornisce cifre che non sono affatto incoraggianti: "Quando la grande carovana è arrivata a Tijuana, c'erano già 2.800 domande di migranti stranieri messicani che avevano presentato domanda di asilo negli Stati Uniti. Quando questo gruppo di migranti è arrivato dall’Honduras, naturalmente si è aggiunto a quelli precedenti, e ora ci sono più di 4.000 domande. Ma il governo americano sta concedendo l'ammissione molto lentamente in quanto le indagini e il controllo dei documenti, possono durare anche un mese e mezzo. Senza dimenticare che solo un quarto dei richiedenti ottiene i permessi”.
E' pericoloso mettersi nelle mani dei trafficanti
L'arcivescovo di Tijuana affronta anche il dramma delle persone che cadono nelle mani dei ‘coyote’, cioè dei trafficanti di esseri umani che operano al confine tra gli Stati Uniti e il Messico: “In questo momento – afferma - non solo è pericoloso, ma praticamente impossibile per loro passare attraverso il controllo degli agenti americani. Naturalmente cerchiamo di dissuaderli, soprattutto perché hanno con se donne e bambini”.
E’ necessaria un'assistenza internazionale
Concentrandosi sulla richiesta della Chiesa cattolica di Tijuana di affrontare questa emergenza, mons. Barrón precisa che "La prima cosa che chiediamo è la solidarietà nella preghiera, perché la preghiera ha un impatto enorme sulla presenza di Dio, in quanto illumina le menti e tocca i cuori, e apre prospettive fondamentali sulla condizione dei migranti che vivono qui al confine. In secondo luogo, è necessario il sostegno delle autorità, che si stanno attualmente assumendo la responsabilità a livello comunale, statale e federale, ma naturalmente, a causa del gran numero di migranti che sono già qui e di quelli che arriveranno ancora, sarà necessario l'aiuto internazionale, soprattutto da parte di queste organizzazioni che dimostrano solidarietà quando si verificano questi eventi straordinari”.
Appello della Chiesa agli abitanti di Tijuana
"Infine – afferma mons. Barrón - la Chiesa continua a chiedere gesti di solidarietà agli stessi abitanti di Tijuana. Vi invitiamo ad accogliere a braccia e cuori aperti i nostri fratelli e sorelle migranti: non sono una minaccia per noi, non ci toglieranno le nostre fonti di lavoro, ma arricchiranno la nostra comunità sociale. Dobbiamo mettere da parte quelle espressioni di conflitto che si sono verificate, affinché non si ripetano, e guardare sempre avanti. Apriamo le nostre mani e il nostro cuore ai nostri fratelli e sorelle migranti - esorta infine l'arcivescovo - riconoscendo in loro il volto sofferente di Gesù Cristo”.
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