Mons. Elkin Alvarez: in Colombia c’è immensa voglia di pace
Benedetta Capelli – Città del Vaticano
“Condanniamo il ricorso al terrore e alla violenza. E’ un fatto che destabilizza ma non si può tornare indietro nel percorso di pace”: così i vescovi della Colombia dopo l’attentato contro la scuola di polizia “General Santander” di Bogotà, compiuto ieri con un’autobomba e costato la vita a 21 persone. “Un’azione disumana”: ha scritto il Papa in un messaggio di cordoglio nel quale ha condannato “la violenza cieca”, offesa grave a Dio.
Sospetti sull’Eln
Per il ministero della Difesa di Bogotà, dietro l’azione ci sarebbe l’Esercito nazionale di liberazione (Eln), secondo gruppo guerrigliero colombiano dopo le Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia), che tra le sue fila conterebbe circa 3mila affiliati. L'Eln non ha mai abbandonato le armi e ha continuato le sue azioni, anche se da qualche settimana ha ripreso i negoziati con il governo di Bogotà. Dopo l'attentato, il presidente Ivan Duque ha decretato tre giorni di lutto.
La Chiesa lavora per la pace
La pace è una priorità per il Paese: è il pensiero di mons. Elkin Fernando Alvarez Botero, segretario generale della Conferenza episcopale colombiana, che a Vatican News ringrazia Papa Francesco per le sue preghiere:
R. – Noi ringraziamo Papa Francesco che ci ha manifestato la sua vicinanza al nostro dolore, che è il dolore del Paese, ed è un grande dolore per la Chiesa. E, veramente, l’attentato terroristico di ieri è stata un’azione disumana, crudele, perché è stato fatto contro degli ufficiali disarmati con l’elemento sorpresa di un atto terroristico.
Come vescovi, nella nota diffusa, avete ribadito che “non si può tornare indietro sulla strada della pace”…
R. – Il Paese ha fatto veramente di tutto per raggiungere la pace e per farlo attraverso la via dei negoziati, dunque, non possiamo tornare indietro. Ribadiamo così l’invito a tutta la comunità ad essere uniti per sconfiggere il terrorismo e per portare avanti un’azione di riconciliazione e di pace.
Quali sono, secondo lei, gli ostacoli che si stanno frapponendo alla realizzazione dell’accordo di pace? Tra l’altro in questo inizio 2019, sette omicidi nei primi giorni dell’anno, 172 leader sociali uccisi nel 2018…
R. – Il panorama è un po’ complesso. Rimangono ancora divisioni e litigi per diverse cause, c’è la violenza armata della guerriglia e di altri gruppi. Ognuno vuole dimostrare la propria forza con attentati, omicidi, anche togliendo la vita ai leader sociali. Per questo la Chiesa è consapevole che c’è bisogno di un patto di riconciliazione nazionale.
E per quanto riguarda l’Accordo di pace del 2016 tra governo e Farc, quali sono i passi da fare anche alla luce di questo attentato per il quale non si esclude un coinvolgimento dell’Eln, l’Esercito di liberazione nazionale?
R. – Io penso che l’accordo con la guerriglia delle Farc andrà avanti. Ci sono stati anche dei problemi e delle difficoltà, e qualche voce che dice che non sono stati compiuti i propositi di questo accordo ma, comunque, andiamo avanti. Ci sono persone delle Farc che adesso sono attive nella politica. Quindi, speriamo che ogni giorno si possa avanzare e che si possa concretizzare questo accordo.
Qualche tempo fa, l’arcivescovo di Cali Darío de Jesús Monsalve Mejia, molto impegnato nel dialogo di pace, disse che era necessario coinvolgere seriamente la popolazione. È un pensiero che condivide? E come si può fare?
R. – Si può fare da diverse angolazioni e penso che sia molto importante la formazione per il cammino verso la pace. In questo la Chiesa è veramente coinvolta. Penso anche che bisogna avvicinarsi alle comunità in modo concreto per vedere i loro problemi, le loro necessità. La Chiesa intende perseguire questo scopo, cercando di lavorare in fraternità, solidarietà e per diventare voce delle comunità.
Quanta voglia di pace c’è tra il popolo colombiano?
R. – Moltissima. È una speranza da anni – più di 60 – e le nuove generazioni non conoscono un Paese completamente in pace. La voglia di pace è grande, immensa direi.
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