Cattolici ed evangelici: salvare i migranti in mare e ampliare i corridoi umanitari
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
In questo primo mese del 2019, che non è ancora finito, sono già 253 le persone che hanno perso la vita nel tentativo di cercare una nuova vita lontano da guerre e miseria. Venerdì scorso, primo giorno della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, 117 migranti sono annegati davanti alle coste libiche, e negli stessi giorni 53 sono state le vittime di un naufragio tra la Spagna e il Marocco, che molti media hanno ignorato.
Il soccorso è un dovere, per i cristiani un obbligo morale
In occasione della Settimana che li vede pregare insieme per l’unità, fino al 25 gennaio, cattolici e protestanti italiani gridano uniti: “Restiamo umani!”, un appello comune “perché si continui a vivere uno spirito di umanità e di solidarietà nei confronti dei migranti. Se per tutti è un dovere – scrivono in un comunicato congiunto - nei confronti di chi abbandona il proprio Paese rischiando la vita nel deserto e nel mare, per i cristiani si tratta di un obbligo morale”. Il testo è firmato dal pastore Eugenio Bernardini, moderatore della Tavola valdese, da Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio, dal pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia e da monsignor Stefano Russo, segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana.
Già uniti per lanciare i corridoi umanitari
“Abbiamo sentito la necessità di unire le nostre voci – scrivono ancora protestanti e cattolici italiani - così come insieme abbiamo lavorato in tante occasioni nel campo dell’immigrazione, permettendo la realizzazione dei primi corridoi umanitari, avviati da Comunità di Sant’Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Cei e Caritas italiana”. Nel momento in cui “celebriamo il dono dell’unità e della fraternità fra i cristiani, desideriamo spiegare a tutti che per noi aiutare chi ha bisogno non è un gesto buonista, di ingenuo altruismo o, peggio ancora, di convenienza: è l’essenza stessa della nostra fede”.
No alla retorica: i migranti non minacciano il nostro benessere
I firmatari dell’appello si dicono addolorati e sconcertati dalla “superficiale e ripetitiva retorica con la quale ormai da mesi si affronta il tema delle migrazioni globali, perdendo di vista che dietro i flussi, gli sbarchi e le statistiche ci sono uomini, donne e bambini ai quali sono negati fondamentali diritti umani: nei paesi da cui scappano, così come nei Paesi in cui transitano, come in Libia, finiscono nei campi di detenzione dove si fatica a sopravvivere. Additarli come una minaccia al nostro benessere, definirli come potenziali criminali o approfittatori della nostra accoglienza tradisce la storia degli immigrati – anche italiani – che invece hanno contribuito alla crescita economica, sociale e culturale di tanti paesi. Da qui il nostro appello perché – nello scontro politico - non si perda il senso del rispetto che si deve alle persone e alle loro storie di sofferenza”.
Vie legali di accesso, serve "corridoio umanitario europeo"
Dopo i principi e i valori, il documento ecumenico passa alle proposte concrete. “Una politica migratoria che non apre nuove vie sicure e legali di accesso verso l’Europa - si legge - è fatalmente destinata a incentivare le immigrazioni irregolari. Per questo chiediamo ai vari paesi europei di duplicare o, comunque, di ampliare i corridoi umanitari, aperti per la prima volta in Italia all’inizio del 2016”. Finita ormai la fase della sperimentazione, con risultati “positivi sotto tanti aspetti”, scrivono ancora i quattro firmatari, è auspicabile passare “ad una generalizzazione di questo modello, che salva dai trafficanti di esseri umani e favorisce l’integrazione. Per questo ci rivolgiamo direttamente al Governo italiano perché allarghi la quota dei beneficiari accolti nel nostro paese e si faccia promotore di un ‘corridoio umanitario europeo’, gestito dalla UE e da una rete di paesi volenterosi, prevedendo un adeguato sistema di sponsorship”.
Vergognoso negare il soccorso a chi rischia di annegare
L’esigenza di salvare chi rischia la vita in mare però rimane. “Mentre si cerca il consenso europeo su queste misure – ricorda il documento ecumenico - occorre garantire il soccorso in mare, che non può ridursi a una politica di respingimenti o di semplici chiusure. I migranti non possono essere vittime tre volte: delle persecuzioni, di chi li detiene in campi che – come varie volte attestato dall’ONU – non tutelano i diritti umani essenziali e di chi li respinge in quegli stessi campi e in quelle umiliazioni. Per noi cristiani, come per ogni essere umano, omettere il soccorso a chi giace sulla strada o rischia di annegare è un comportamento di cui si può solo provare vergogna. Per questo chiediamo un potenziamento delle attuali attività di soccorso, rese dai mezzi militari, dalla Guardia Costiera e dalle Ong, nel rispetto delle norme del mare e del diritto umanitario”.
Cristiani a disposizione per una piattaforma condivisa
Il testo si chiude con un appello a costruire un consenso su alcuni punti qualificanti sui quali le Chiese sono pronte a offrire il loro contributo. “Per quanto divisivo, il tema dell’immigrazione è così serio e grave – concludono i firmatari - da non potersi affrontare senza cercare una piattaforma minima di istanze e procedure condivise. Questo auspichiamo e per questo ci mettiamo a disposizione con la nostra esperienza e i nostri mezzi, pronti a collaborare sia con le autorità italiane che con quelle europee”.
Il pastore Negro: l'amore per lo straniero di Abramo
Approfondiamo i temi dell’appello con uno dei quattro firmatari, il pastore Luca Maria Negro, presidente della Federazione delle Chiese evangeliche in Italia. “Il comandamento di accogliere lo straniero – ci dice - è centrale nel messaggio della Bibbia, quindi come cristiani dovremmo dire che non si tratta solo di una questione di opportunità, di scelte politiche, ma è veramente un orientamento di fondo che ci viene dal messaggio sia dell’Antico che del Nuovo Testamento. Nell’Antico Testamento il modello è l’ospitalità di Abramo che alle Querce di Mamre ospita tre viandanti. Infatti quell’episodio va sotto il nome della filoxenia di Abramo: letteralmente è ‘l’amore per lo straniero’”.
Voi fate anche capire che è da barbari omettere il soccorso a chi giace sulla strada o che rischia di annegare…
R. - Anche qui c’è un’allusione biblica che è quella della parabola del buon samaritano e quindi è anche un’allusione autocritica nel senso che non è che noi diciamo: “Siamo bravi”, perché nella parabola del buon samaritano quelli che girano dall’altro lato della strada per evitare si soccorrere il ferito sono proprio dei religiosi.
Fate anche riferimento al dibattito attuale quando dite: “Aiutare chi ha bisogno per noi non è un gesto buonista, di ingenuo altruismo o peggio ancora di convenienza”…
R. – Crediamo che questa accusa di buonismo sia assolutamente superficiale. I dati sulle migrazioni, in particolare per il nostro Paese, ci danno ragione, nel senso che certamente c’è un’emergenza ma non è l’emergenza drammatica, da assedio, dell’Italia che molti vogliono far credere. L’Italia è un Paese che ha ancora possibilità di accogliere ma ha anche l’opportunità di farlo in vista del proprio sviluppo, se pensiamo alla demografia in declino. Certo è che l’Italia non può essere lasciata sola, per cui noi sottolineiamo assolutamente la necessità di creare delle politiche europee e chiediamo, ad esempio, che il nostro governo proponga all’Europa un “corridoio umanitario europeo”, visto che la stessa Italia è stata apripista nell’iniziativa dei corridoi umanitari.
Voi sottolineate che per i corridoi umanitari è ormai finita la fase della sperimentazione e si deve passare ad una generalizzazione del modello…
R. – Credo sarebbe molto importante se si riuscisse a esportare in molti altri Paesi questo modello. Finora siamo riusciti solo in parte: in Francia, in Belgio e ad Andorra, che non è il più grande dei Paesi europei. Noi crediamo che questo modello che prevede una forma di collaborazione tra lo Stato e le realtà della società civile, di cui fanno parte anche le Chiese, sia un modello virtuoso. Grazie appunto a un sistema di sponsorship lo Stato può accogliere delle persone senza bisogno di farse interamente carico ma potendo contare su una rete di solidarietà, di organizzazioni non governative, di Chiese e altri organismi che possono sostenere e farsi carico dell’accoglienza.
Voi spiegate anche agli scettici che se non si aprono nuove vie sicure e legali di accesso si incentivano le migrazioni irregolari…
R. – Anche se naturalmente in Italia oggi c’è chi dice il contrario. Però io credo che il fatto che la gente continui a tentare di raggiungere le nostre coste, che ci siano o non ci siano Ong, è la dimostrazione che il problema non è solo della nostra regione mediterranea ma planetario. I movimenti migratori non potranno certamente essere bloccati chiudendoci a riccio, chiudendo i porti, come qualcuno auspica.
Però l’emergenza, voi dite, pretende che ci sia un potenziamento delle attuali attività di soccorso, perché al di là dello scontro politico, dietro questi numeri c’è la sofferenza di uomini, donne e bambini…
R. - Hanno cercato in qualche modo di nascondere la realtà. Per questo noi abbiamo sottolineato, almeno come Federazione delle Chiese evangeliche in Italia, l’apporto dato dalle Ong che lavorano non solo sul mare ma anche con gli aerei. Abbiamo delle testimonianze molto forti di aerei che sorvolano il Mediterraneo e che continuano a documentare naufragi e persone disperse in mare. Mi sembra che qualcuno voglia risolvere la situazione togliendo di mezzo le Ong, così nessuno sa che cosa succede: quindi occhio non vede, cuore non duole... Ma non è così.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui