Epifania, mons. Forte: ogni uomo, come i Magi, è alla ricerca di Dio
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
L’Epifania è il tempo in cui la luce di Dio abbraccia il mondo intero. È quanto sottolinea a Vatican News mons. Bruno Forte. Come i Magi - aggiunge - ogni uomo è alla ricerca di Dio: “anche quando, apparentemente, gli uomini si mostrano distratti, indifferenti e lontani - spiega il presule - noi credenti sappiamo che nel loro cuore c’è una sete di Dio”. (Ascolta l’intervista con mons. Bruno Forte)
R. – Come dice il nome, “Epifania” significa manifestazione. È il momento in cui si mette in luce il fatto che Cristo, venuto nel mondo, è venuto per ogni essere umano, quale che sia il tempo e il luogo in cui vivrà. Dunque, è la manifestazione della luce di Cristo all’universo intero. Il Natale mette in luce la grazia dell’incarnazione in un clima di intimità in cui il mistero si rivela ai semplici, ai poveri, ai pastori oltre che naturalmente, nella capanna di Betlemme, a Maria e a Giuseppe. Nell’Epifania questa grazia, questo dono, è offerto, manifestato, proposto, al mondo intero. Dunque, è la festa dell’universalità del dono di Cristo e quindi anche, in un certo senso, della vocazione missionaria della Chiesa, per portare la luce di Cristo fino agli estremi confini della terra, a tutto l’uomo e ad ogni uomo.
Coloro che vanno verso questa luce sono i Magi. Cosa rappresentano i Magi e i loro doni?
R. – I Magi sono quelli che vengono da lontano, prima di tutto, e che hanno lasciato sicurezze per mettersi in un cammino, per tanti aspetti, impervio. Quindi, un primo messaggio è che il Signore si fa incontrare da quelli che lo cercano, da quelli che si mettono in discussione, che sanno lasciare le loro certezze per andare verso di Lui. In secondo luogo, i Magi sono guidati nella notte da una stella. Ora, noi sappiamo che la stella è la Parola di Dio. Il Signore si fa incontrare da quelli che nella notte del cuore, nella notte del tempo si lasciano illuminare e condurre dalla Parola di Dio. I Magi sono quelli che adorano il Signore e gli offrono i loro doni. E questo è anche un simbolo bello di scambio, tra Colui che è il dono di Dio per noi, e noi che gli offriamo ciò che siamo, ciò che possiamo. Ma quello che è molto importante è che dopo questo incontro, questa adorazione che riempie il loro cuore di gioia, i Magi fanno ritorno al loro paese. In altre parole, l’incontro con Cristo non ci rende estranei rispetto al nostro quotidiano, ma ci trasforma perché nella quotidianità possiamo portare la sua luce. Un ultimo particolare: l’incontro con Erode. Nel cammino di tutti verso l’incontro con Cristo c’è l’Erode di turno: chi cerca di depistare; chi in qualche modo, mosso da ambizione, gelosia o avidità umane, cerca di rendere difficile o di ostacolare l’accoglienza del Dio fatto uomo. Questo avviene anche ai Magi: loro sanno persistere nella loro scelta, nella loro decisione, e anche sanno, con saggezza, evitare il ritorno da Erode che sarebbe stato un ritorno certamente imprigionante o condizionante, per la loro libertà di testimoni, di quello che hanno visto e adorato.
Torniamo alle parole di Papa Francesco all’ultima udienza generale. Il Pontefice ha esortato ad emulare i Magi alzando lo sguardo al Cielo: “Solo così – ha detto il Papa – riusciremo a vedere la stella che ci invita a percorrere le strade del bene”. Questo è un mondo non troppo abituato a guardare verso il Cielo, spesso è distratto…
R. – Sì, siamo schiacciati, oltretutto da una continua massa di informazioni, da una continua forma di propaganda che ci viene propinata. Alzare lo sguardo, saper mirare in alto, saper prendere le distanze dall’immediato, dall’effimero, è un atto di libertà e di coraggio. E la voce di Francesco è certamente la voce più autorevole che possiamo ascoltare, per sentirci tutti richiamati a questo sguardo più alto, a quest’orizzonte più profondo, a questa bellezza che non va confusa con l’immediatezza dell’effimero e del consumismo.
I Magi sono dunque il simbolo di chi è alla ricerca di Dio. Come rispondere oggi alla sete del mondo di Dio?
R. – Il cristiano è convinto che il cuore umano è stato fatto per Dio. Lo dice Agostino in maniera stupenda all’inizio delle sue Confessioni: “hai fatto il nostro cuore per Te ed è inquieto finché non riposa in Te”. Quindi anche quando, apparentemente, gli uomini si mostrano distratti, indifferenti e lontani, noi credenti sappiamo che nel loro cuore c’è una nostalgia del totalmente altro, una sete di Dio che è costitutiva in quanto l’uomo è stato fatto a immagine e somiglianza di Dio. Quindi, la vera azione evangelizzatrice, nel momento in cui si propone il Vangelo, è anzitutto quella di suscitare le domande, le attese. In altre parole, di risvegliare questa sete che è nel cuore umano, per poi mostrare come a questa sete corrisponde in pienezza solo il dono di un amore infinito qual è quello che in Gesù Cristo ci è stato rivelato ed offerto. Questo vale per oggi come per ogni tempo ed anche per l’uomo di oggi in questa postmodernità inquieta: l’uomo del consumismo, l’uomo della globalizzazione, l’uomo per tanti aspetti anche distratto da una pluralità di messaggi (si pensi al condizionamento che oggi comporta il Web sulla psiche umana, specialmente dei giovani). Quest’uomo, nel profondo del cuore, è nostalgico di un Dio che illumini e dia senso ai giorni. Ecco perché il cristiano non si stancherà mai di proporre la bellezza di questo Dio. E, soprattutto, di accenderne la ricerca e il desiderio per un contagio da gioia a gioia, come testimoni credibili di una bellezza che dà gioia e che accende il desiderio in coloro che non l’hanno ancora incontrato.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui