Nicaragua: appello al dialogo del nunzio Sommertag
Roberto Piermarini - Città del Vaticano
“Siamo qui per implorare la pace. – ha detto mons. Sommertag. Oggi ascoltando queste parole, sembrano vuote e sono veramente vuote, se non le facciamo nostre con l’atteggiamento, l’impegno, l’amore, la guarigione delle ferite, fino ad arrivare a ciò che è considerato come un atto eroico: perdonare i torti subiti. Invocare lo Spirito Santo è necessario per la nostra vita e per adempiere alla nostra vocazione di essere santi. Il Nicaragua – ha osservato il nunzio - deve riprendere questo desiderio di essere una Nazione santa, una nazione pronta a perdonare e a ricevere il perdono”.
Il desiderio del Papa: ricercare il dialogo
“Il messaggio che voglio trasmettervi è il desiderio del Santo Padre, per l'affetto che ha per il popolo nicaraguense, che la Chiesa lavori in ogni luogo per favorire la costruzione di società pacifiche e riconciliate e che troviamo nel dialogo, la strada principale per il bene dell'intera Nazione. Il dialogo che deve essere avviato – ha osservato - è il dialogo di Dio stesso: parlarsi nelle famiglie, dialogare con le famiglie. Se facciamo questo sforzo con le nostre famiglie, otterremo anche quella vera pace, piena di amore. Possa essere la pace del Signore, colui che ha sete nel nostro amore, la nostra sete che sia così”.
L'urgenza della carità non può lasciarci indifferenti
Mons. Sommertag ha affermato che Dio che ci ama, ha una sete particolare, quella sete d'amore, la presenza di ognuno di noi, nel Suo cuore divino. “L'urgenza della carità non può lasciarci indifferenti, ho visto con i miei occhi l'entusiasmo con cui avete ricevuto il Cristo di Esquipulas che ha dato grande gioia a ciascuno di noi perché porta il messaggio di questa sete di Dio. Noi dobbiamo avere sete di Dio, che è la nostra vita, avere sete del Signore compassionevole e misericordioso, affinché uomini e donne possano mettere da parte tutte le azioni ed i cattivi pensieri”.
L’invito al perdono ed alla santità
Il nunzio apostolico a Managua ha quindi invitato a non dimenticare mai che i santi non sono quelli che vivono nel paradiso, “i santi siamo noi, santa è una persona che non può vivere senzacomunicare con Dio. Abbiamo questo momento per riflettere, per fare un esame di coscienza su cosa faccio per essere santo nella mia famiglia. Dobbiamo perdonare ¬– ha detto - anche le cose più brutte che possono accadere nella nostra vita”.
La mediazione della Chiesa nella crisi che attraversa il Paese
La crisi in Nicaragua è iniziata il 18 aprile scorso, con le prime proteste contro i tagli alle pensioni e l’aumento dei contributi per imprese e lavoratori decisi dal presidente Ortega. Le misure sono state poi revocate, ma le manifestazioni antigovernative sono continuate chiedendo le dimissioni del capo di Stato. La repressione militare ha causato, secondo alcune fonti, circa 500 morti e numerosi arresti. La Chiesa nicaraguense ha svolto un ruolo di mediazione nella crisi, ma col crescere della repressione i vescovi hanno denunciato le violazioni dei diritti umani e la mancanza di una reale volontà di dialogare da parte del governo. Di qui le minacce e gli attacchi ad esponenti ecclesiali da parte di gruppi filogovernativi. I vescovi restano sempre disponibili a riannodare il dialogo per il bene della popolazione.
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